Verso la festa del 27 maggio – Argilli: “Un mix di gioia e incredulità. Devo tutto ai miei compagni”
“Penso di aver dato tanto a Siena prima e dopo, ma quell’anno devo ringraziare tantissimo i miei compagni. Mi hanno portato loro in Serie A. E poi devo dire grazie a Papadopulo, Ricci e De Luca, che mi hanno confermato nonostante l’infortunio”. Nei momenti più belli e in quelli più difficili Stefano Argilli c’è sempre stato, ma la stagione della storica promozione in Serie A fu per lui molto più sofferta a causa della rottura del legamento crociato anteriore, che lo tenne fuori per la quasi totalità del campionato: “Era il mio terzo infortunio al crociato, passai giorni e notti difficili. In quei momenti i pensieri sono negativi, ti chiedi se sia il caso di continuare o smettere. Ma grazie al mio passato e al ruolo avuto negli anni precedenti, la squadra mi ha fatto sempre sentire importante”, racconta al Fedelissimo Online una delle bandiere della Robur.
Stefano, quanto è stata dura vivere buona parte di quella stagione da fuori?
Molto. Pur non essendo stato protagonista in campo, però, sento mia anche quella promozione, che penso di aver conquistato con costanza, fedeltà e determinazione. Essere al servizio del club è una cosa che valuti un po’ alla fine, quando apprezzi il fatto di aver mandato giù qualche boccone amaro per essere riconosciuto dalla gente come uno degli artefici del decennio migliore della storia del club.
Un successo dal sapore ancor più speciale per chi, come te, la maglia della Robur ce l’aveva tatuata sulla pelle.
La grande soddisfazione per noi è essere partiti anni prima per poi ritrovarci insieme a vivere anni impensabili. E penso che la stessa incredulità, la stessa gioia l’abbiano vissute i tifosi. L’atmosfera di quel periodo era incredibile.
Qual è la prima istantanea di quell’annata che ti torna in mente?
La festa di ritorno da Genova. Una cosa talmente grande ed emozionante che non ha avuto pari. È vero che abbiamo vissuto tante belle giornate, ma quella è stata come una liberazione.
L’avete detto un po’ tutti: ad inizio anno non ci credeva nessuno alla promozione.
Era qualcosa di impensabile, assolutamente. Soprattutto per me, Michele (Mignani, ndr) e gli altri con cui avevamo fatto un percorso di Serie C strepitoso, e che l’anno prima avevamo festeggiato una salvezza in B come una promozione. Poi viene fuori gente forte come Pinga e Tiribocchi, che magari in cuor loro avevano la convinzione di potercela fare. Noi non è che non ce l’avessimo, è che non eravamo proprio preparati.
A pensarci bene qualcuno era certo che tutto questo si potesse avverare.
Il presidente De Luca. Ho ricordi bellissimi, di una persona a cui all’inizio non sapevi se credergli quando parlava di promozione e di lucida follia. Però poi è stato un vero motore, ha trascinato tutti con la sua ambizione. Ha portato a viverla su un livello diverso. Senza accontentarci, ma andando a cercare il traguardo che all’inizio sembrava impossibile. Lui l’ha vissuta sempre dandoci forza e fiducia, parlando di noi come un grande gruppo.
C’è stato un momento in cui avete capito di farcela?
Ho letto le interviste dei miei ex compagni e molti hanno nominato la partita con la Samp, una di quelle che resta nella memoria collettiva. Ma ce ne sono state tante importanti, sofferte, magari vinte 1-0 che ci hanno portato in alto. Direi che è stata la costanza di risultati, la forza morale e la capacità di reggere la pressione di una squadra in testa. Non è facile giocare nel Siena da primo in classifica stando davanti a 10 avversarie molto più quotate.
Nonostante l’infortunio, alla fine riuscisti comunque a collezionare qualche presenza.
Sì, ma il rientro fu faticoso. Ho dato una mano più che altro nello spogliatoio. In campo ci sono andato ma le condizioni fisiche non erano le migliori. Mi sono rifatto l’anno successivo.
Trovi qualche analogia con la vittoria del campionato di Serie C di tre stagioni prima?
Lo spirito e la spina dorsale erano i nostri, gli stessi su cui aveva puntato Nelso Ricci per tanti anni. Quelle caratteristiche che poi hanno prodotto, oltre alle promozioni, anche le salvezze in Serie A.
Qualche aneddoto particolare?
Ognuno ha i suoi, per me i lunghi ritiri a Lucignano insieme ad Agostini sono stati uno spasso. Da una parte erano faticosi, dall’altra li vivevamo con spensieratezza. Col senno di poi sono stati bellissimi.
Grazie all’intercessione di Ardito vi ritroverete tutti a cena questo sabato.
Andrea è stato bravissimo, ci ha radunato nonostante fossimo tutti sparsi per il mondo. Il grazie va in primis a lui. Per noi che viviamo a Siena magari è meno eclatante questa ricorrenza, ma in quelli che vengono da fuori ho sentito tanta voglia di arrivare, così come tanto dispiacere da parte di chi non potrà esserci. Io non vedo l’ora di abbracciare tutti e ringraziarli di nuovo.
Non possiamo non soffermarci sull’attualità. Quanto sei preoccupato per la situazione attuale della Robur?
Come un po’ tutta la città sono preoccupato, amareggiato e deluso. Adesso stiamo parlando di Serie A quando c’è di nuovo la prospettiva di ripartire dal basso. È vero che le cose belle, come abbiamo dimostrato tanti anni fa, possono succedere, ma questa prospettiva si allontana sempre di più. Passano le generazioni e a Siena il calcio torna indietro di troppo tempo. Non si può vivere sempre di ricordi. Per noi può essere bello, ma per i tifosi di oggi tutto questo è frustrante.
Chiudiamo con un pensiero per Voria, che quest’anno ha centrato un grande traguardo.
Sono molto contento per Gill, è diventato un ottimo allenatore. L’ho portato io nel settore giovanile del Siena e si è dimostrato la persona che tutti sappiamo, un puro, onesto, che vuole bene al Siena come tantissime altre persone del settore giovanile. Dovrei nominarli tutti, ma loro sanno a chi mi riferisco. È un ambiente che ho vissuto in prima persona, soprattutto nei momenti difficili non abbiamo mai fatto mancare amore e rispetto ai nostri ragazzi e alla Robur.
(Jacopo Fanetti)
Fonte: Fol