Thomas Meigno imprenditore in Camerun. “Cara Robur, quanti ricordi”
Per la Robur ha fatto di tutto, letteralmente. Responsabile del campo, magazziniere, custode, addetto alla sicurezza. Persino calciatore, nelle partitelle di fine stagione. “Ezio Brevi mi diceva che potevo giocare anche in Serie D!”. Thomas Meigno è stato un pezzo di vita bianconera. Una colonna, una presenta costante, spesso invisibile ma fondamentale. Ha lasciato il Siena lo scorso giugno e ha aperto un’attività imprenditoriale nel suo Paese, il Camerun, che aveva lasciato nel 2002 per approdare prima in Francia e poi in Veneto, prima di arrivare nella città che lo ha accolto e coccolato. “I senesi mi hanno sempre voluto bene, non li dimenticherò mai”.
Thomas, quando hai lasciato la Robur?
Lo scorso 30 giugno. Ho deciso di andare via io. Nella Robur Siena avevo l’indeterminato, dopo il fallimento e l’arrivo degli armeni ho firmato un contratto di un anno. Poi ho chiesto di tornare in Camerun per risolvere un problema personale e quando sono tornato ho dovuto osservare la quarantena. Il Siena aveva una partita di coppa e mi ha sostituito. Ci rimasi molto male. Dopo qualche mese, la società è rimasta scoperta e mi è stato chiesto di tornare a dare una mano. Ho voluto delle garanzie, visto che ero stato rimpiazzato alla prima occasione e per la Robur ho fatto sacrifici e ci ho rimesso economicamente.
E a quel punto che è successo?
Ho firmato per otto mesi, fino a giugno 2022, poi Trabucchi, che ha condotto la trattativa di vendita, mi ha anticipato che sarebbe andata in porto. “Se vuoi posso farti comunque il contratto a tempo indeterminato”. Ma preferii rifiutare.
E hai deciso di diventare imprenditore nel tuo Paese.
In Camerun tornavo già ogni estate. Là ci sono grandi opportunità, i prodotti italiani – vino, olio, formaggi – piacciono molto. Ho cercato un pezzo di terreno, ho avviato un’attività di autolavaggio e poi l’ho integrata con un salone da parrucchiere, che sto allestendo, e un bar che vorrei trasformare in wine bar. Adesso sono a Siena fino a febbraio per vedere di chiudere qualche contratto con produttori di vino.
La tua famiglia resta in Italia?
Mia moglie continua a lavorare qua, ma se le cose vanno bene verrà con me in Camerun. Ad ogni modo ogni 3-4 mesi sarò a Siena. Mia figlia ormai fa la sua vita, è in Germania.
17 anni al servizio della Robur. Come iniziò la tua esperienza in bianconero?
Era il 2005, ai tempi della Serie A. Io facevo il lavapiatti in un ristorante a San Prospero. Serviva gente per coprire e scoprire il campo quando c’era la pioggia o la neve. Olinto pensò che fossi un bravo lavoratore e mi prese come aiutante. Mi ha insegnato di tutto, anche la lingua. Poi nel 2014 si fece male al piede e presi il suo posto, anche se già negli ultimi tempi aveva delegato a me diverse cose.
Il manto del Rastrello era un motivo di vanto a quel tempo. Uno dei migliori d’Italia, mai nessun problema di allagamento. Anche se Capello arrivò a lamentarsene per l’erba alta.
Vero. Se qualcuno protestava, era perché aveva perso. Successe anche con Antonio Conte, dopo una sconfitta, di incolpare l’erba alta. Taddei invece se ne ebbe a male quando in scivolata si graffiò la coscia con il gesso che avevamo messo sulla linea del rettangolo di gioco.
Il calcio ti è sempre piaciuto?
Sì. A fine campionato organizzavamo una partitella tra giocatori, staff, collaboratori. Ezio Brevi mi diceva che potevo giocare anche in Serie D (ride, ndr).
“Responsabile del campo di gioco”. È giusta come qualifica?
Sì, ufficialmente sì. Ma poi facevo anche il magazziniere, il custode, l’addetto alla sicurezza. Allo stadio intervenivo ogni volta che scoppiava una rissa o una contestazione dei tifosi. Quando l’’Inter vinse lo scudetto entrarono i tifosi nerazzurri e detti una mano alla Digos. Con la Reggiana invece intervenni con i tifosi del Siena per proteggerli dagli ospiti.
Quanti soldi hai perso, in tutti questi anni di fallimenti e mancate iscrizioni?
Con Mezzaroma 13mila euro. Con Anna Durio, che non so se pagherà, per ora siamo a una cifra simile. Quelli di ora però li ho ripresi tutti. Ho fatto un’ingiunzione di pagamento a Montanari e li ho riavuti.
Thomas, ma allo stadio tornerai qualche volta?
Certamente. Adesso mi fermo fino a febbraio, una partita vengo a vederla. Ho fatto tante trasferte insieme ai tifosi, sono uno di loro. Li ringrazio e li saluto, così come i senesi e chiunque ha lavorato intorno al Siena. Un grazie immenso perché mi hanno sempre voluto bene.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte. Fol