Tessera del tifoso: gli ultrà si dividono
Stavolta nessun rinvio – Si parte davvero con la tessera del tifoso e il mondo degli ultrà è in fibrillazione. Spalleggiato da presidenti (Zamparini: «Questo è un ricatto del ministro Maroni») e calciatori (De Rossi: «Dovrebbero farla per i poliziotti»). I manifesti anti-tessera per le strade di diverse città sono un déjà vu. Ora ci sono pure gli striscioni nei ritiri delle squadre, come ad Auronzo di Cadore, dove s’allena la Lazio: «No al calcio moderno, no alla tessera del tifoso». E qualche giorno fa, in un agriturismo di Catania, in gran segreto, si sono riuniti 150 ultrà di tutta Italia, in rappresentanza di diverse tifoserie di Serie Ama anche di categorie inferiori. Uniti in questa battaglia anche gruppi divisi da rivalità storiche, come quelli dello stesso Catania e del Palermo.
Strategie – Non c’è una forma di protesta comune. Ci sono quelli che hanno deciso, almeno per il momento, di disertare lo stadio: niente abbonamento e niente biglietto. È il caso degli ultrà rossazzurri e di quelli della Lazio. C’è chi, alla fine, il tagliando per la singola gara lo acquisterà comunque. Qualcuno medita di organizzare sit-in davanti agli stadi, il giorno della partita. Altri l’abbonamento lo faranno lo stesso, perché al rito della domenica non si può proprio rinunciare. Per esempio gli ultrà dell’Inter, che infatti al raduno di Catania non c’erano: «Non vogliamo danneggiare la nostra squadra». Tutti quanti sono d’accordo su un punto. La tessera del tifoso, agli occhi delle curve, è vista come una schedatura. Ma dal Viminale si fa notare che chi va allo stadio solo per vedere la partita non ha nulla da temere.
Limitazioni – Quest’anno, ad ogni modo, si comincia, in Serie A, B e Lega Pro. Chi non sottoscrive la tessera del tifoso non può fare l’abbonamento, né acquistare i biglietti in trasferta nel settore ospiti. La «card» è comunque off-limits per chi è attualmente sottoposto al Daspo o è stato condannato, anche in primo grado, per reati da stadio.