Siena, Mignani si candida: “Pronto ad allenare la Robur”

Nove interminabili anni, pieni di calcio, amori, amicizie, gioie, e delusioni. 289 partite al servizio della Robur, meglio di lui solo due bandiere viventi, Antonio Monguzzi e Simone Vergassola. E poi la scalata verso il Paradiso, dalla C1 alla A, tra salvezze miracolate e promozioni capolavoro. Come la folle notte di Genova, che vide un genovese doc (per di più della Samp) condannare i cugini alla retrocessione in C. Ci fosse una Hall of Fame biaconera, Michele Mignani vi entrerebbe di diritto come uno dei calciatori che hanno fatto la storia moderna del Siena. Al pari di Argilli, Radice, Taddei, Chiesa, Maccarone e tanti altri.

Abbiamo contattato Mignani per una chiaccherata sull’esperienza da poco conclusa a Latina, iniziata male ma recuperata alla grande, e sulla situazione attuale del Siena. Nel finale, un’interessante dichiarazione che è poi la conferma del suo atto d’amore verso la nostra città. Non che ce ne fosse bisogno. Ma in questi tempi di scarsa memoria, si sa, repetita iuvant.

Michele, partiamo dalla stagione appena conclusa a Latina. L’anno scorso fu sfiorata la serie A, quest’anno è arrivata una sofferta salvezza. Che annata è stata per te?
Quando siamo arrivati a Latina l’obiettivo prefissato era vincere il campionato. Fin dall’inizio, nel poco tempo avuto a disposizione, sono mancati sia i risultati, sia la sintonia con la società. Si sono incrinati i rapporti, è arrivata la decisione del cambio di allenatore e da lì, in accordo con Beretta, è iniziato il mio percorso da solo. E’ stata un’annata difficile, non siamo riusciti a esprimere tutti i nostri valori, ma alla fine è arrivata una salvezza miracolata.

Avevi iniziato con Beretta, hai continuato a collaborare con Breda prima e con Iuliano poi. Ci sono stati due esoneri ma sei rimasto sempre al tuo posto. Mica semplice di questi tempi.
Mi ero ripromesso di lavorare, di fare bene, sempre con il massimo impegno. La proprietà ha apprezzato e mi ha chiesto di restare fino in fondo. Sono rimasto perchè una volta partito Beretta, mi sembrava giusto proseguire per fare esperienza.

Parlando di Siena, quest’anno la Robur giocherà in terza serie, la stessa di quando hai iniziato la tua esperienza bianconera. Che idea ti sei fatto del campionato? Ci sono differenze con quello degli anni ’90, quando ancora c’erano C1 e C2?
Sotto certi aspetti mi sembra di essere tornato indietro negli anni. Tutto questo mi porta entusiamo e curiosità. E’ difficile tracciare un parallelo, sono cambiati i tempi. Allora la C era una categoria importante, dove giravano diversi soldi. Ora si tende più alla valorizzazione dei giovani, ci sono molte imposizioni della Lega e le società che possono investire si contano sulle dita di una mano. Però col discorso del campionato unico la qualità generale si è alzata.

Finita la festa, in città c’è grande preoccupazione, e questa non è certo una novità per i senesi. A tre settimane dalla scadenza per l’iscrizione c’è ancora da comporre squadra, staff, ds, società, giovanili. Ultimo il problema delle strutture di allenamento e il ping pong mediatico tra società e Comune. Un tuo parere su questa situazione?
Le ultime estati per i senesi sono state decisamente travagliate. Penso alle retrocessioni, ai punti di penalità, alla mancata iscrizione dello scorso anno, al calcioscommesse negli anni precedenti. Il problema delle strutture prima o poi andrebbe risolto. Un impianto per allenare è necessario per gettare le basi sul futuro, altrimenti sarà sempre una partenza in salita. Per l’organigramma, in tempi brevi saranno definiti i nomi, o almeno lo spero. Certo è che questo attendismo è preoccupante.

Tra le tante caselle mancanti c’è quella del mister. Hai già allenato a Siena cinque anni (uno negli Allievi Nazionali, tre in Primavera e uno come vice di Beretta, ndr). Arrivasse una chiamata, ti sentiresti pronto per la prima squadra?
Se arrivasse, mi sentirei prontissimo. Ho fatto un percorso lineare, partendo dal settore giovanile fino ad arrivare in una squadra di serie B, dove ho allenato sul campo e ho potuto crescere moltissimo. Mi sentirei pronto per la piazza, potrebbe essere un inizio importante. C’è chi dice che spesso bisogna scegliere un allenatore di esperienza, ma sono convinto che un allenatore è o non è. E poi tutti i grandi hanno iniziato da qualche parte. Un allenatore si sceglie perchè si crede sia un buon allenatore, non per il nome e cognome.

C’è stato qualche contatto con la società?
No, nessun contatto. Lo scorso anno mi fu chiesto se sarei rimasto ad allenare in D. Io risposi che allenerei il Siena in qualunque categoria.

E la situazione con il Latina?
Col Latina ci rivedremo in questi giorni. Mi hanno chiesto di rimanere con Iuliano, ho dato il mio assenso dicendo che non ci sono problemi.

A meno che non arrivi una chiamata da Viale dei Mille, naturalmente..

Giuseppe Ingrosso

Fonte: Fedelissimo Online