Serie A, trentottesima giornata:il punto di Paolo Soave

Strappalacrime. Il campionato chiude con i lucciconi per i molti addii di vecchi campioni (del mondo), quelli che non vorrebbero mai mollare ma che sono come certi parenti o vicini di casa: un po' ingombranti. Gli ultimi verdetti sono scontati e onesti: su l'Udinese (terzo posto), giù il Lecce (in B). Il pallone non si ferma: continuerà ad affabulare giocoso sul campo (Coppa Italia, poi gli europei) e proverà la vergogna delle aule della giustizia sportiva. La trentottesima regala le ultime  ventinove reti per sette successi interni, un pareggio e due vittorie esterne.

Il tocco beffardo del Mattia nazionale, l'esplosiva rovesciata di D'Agostino, la cui serata suscita rimpianti e mai superati dubbi. Niente record, come volevasi dimostrare, ma lampi di Robur si vedono anche al San Paolo, già diviso per il presunto “core ingrato” di Lavezzi. Per una volta al Napoli basta purtroppo Dossena. Cala onorevolmente il sipario sul campionato del Siena, fra i migliori di sempre, e se ne apre un altro, contro avversari imprevedibili e subdoli. Si attendono a breve risposte decisive, da tutti e ad ogni livello. La tranquillità non è roba da roburmatti, ma c'è un patrimonio umano, quello che ci ha riportato a galla, da non sperperare nella costruzione del futuro, in tempi non facili.

E' il giorno della festa: allo Juventus Stadium tanti juventini e un galantuomo, Alessandro Del Piero, che segna pure. In rete anche Marrone, Barzagli dal dischetto, così tutti i bianconeri sono andati in goal, e nel finale Lichtsteiner, nella porta sbagliata. Sempre più imbarazzante la conta degli scudetti bianconeri, anche nel dì di festa. Chiude imbattuta la vecchia signora e difronte a cotanta impresa c'è solo da applaudire Conte, ancora una volta, e i suoi prodi. Del Piero saluta in semplicità, col pudore dei grandi, e non si presta ad evidenti ipocrisie. Cercherà ora di divertirsi altrove, ma le premesse per un ritorno da dirigente non sembrano incoraggianti. Ha altri pensieri per la testa l'Atalanta, sul campo sempre valorosa.

Com'è triste Milano. L'autunno dei campioni rossoneri illanguidisce il pomeriggio di falsa primavera. Al passo d'addio in molti: Gattuso, Nesta, Inzaghi, Zambrotta, campioni del mondo dal lunghissimo canto del cigno, Seedorf e perfino Van Bommel. L'ultimo urlo liberatorio di Superpippo si scioglie in lacrime. Assieme a Flamini rende amaro il commiato del Novara dalla serie A, dopo l'iniziale vantaggio a sorpresa di Garcia. Al Milan la rifondazione è già iniziata con Montolivo. Serviranno molte forze fresche, investimenti impegnativi poco in linea con la forzata austerity. Persino Ibra capocannoniere (ventotto goal), non più invincibile, sembra aver superato i consueti mal di pancia. Ci ha messo oltre mezzo secolo il Novara a tornare in A ma è stata giusto una capatina. Tuttavia la società piemontese ha basi solide e può programmare una B ambiziosa.

Se lo meritava più di tutte l'Udinese il terzo gradino Champions, trascinata a Catania di Di Natale, che prima incenerisce il possibile vantaggio, poi si riscatta con una carezza alla palla (ventitre reti) che è il miglior commiato dell'intero torneo. Gli etnei reagiscono ma Lopez tradisce dal dischetto e nella ripresa arriva il decisivo raddoppio con giocata d'autore del giovin Fabbrini. Alza i pugni al cielo Guidolin, che si dice stanco, mentre Montella ammicca a un possibile futuro giallorosso. Anche a Catania le incertezze non sono poche.

All'Olimpico l'Inter si illude con il rigore realizzato da Milito (ventiquattro centri), che poi fallisce il possibile raddoppio. Ben diversa la ripresa: Kozak svetta di testa su corner, poi Candreva piega le mani a Castellazzi per il vantaggio e Mauri di rimessa sigilla una vittoria inutile ma bella. Un po' come l'intera stagione della Lazio, che ad un certo punto sembrava promettere molto. Poi l'infortunio di Close e i consueti cali di tensione hanno tracciato i limiti. Il quarto posto finale non è comunque da buttare. All'Inter futura servirà ben altro che il fresco entusiasmo di Stramaccioni: acquisti di qualità in tutti i reparti. Il sesto posto finale, a ventisei punti dalla vetta, è l'epigrafe del  gruppo che fu.

Chiude bene in Romagna la Roma. I giallorossi, presto sorpresi dalla rete di Del Nero, mettono sotto il Cesena con Bojan, Lamela e nella ripresa De Rossi. Giunge al 90° per mezzo di Santana l'ultimo vano goal dei bianconeri, velleitari per tutta la stagione. Il passo indietro di Luis Enrique libera tutti dall'imbarazzante equivoco di un progetto affossato dalla mancanza di risultati, non proprio un dettaglio. L'asturiano non ha retto l'urto con la capitale e i suoi tifosi. Altro che cantera. Inadeguato sul piano caratteriale. Un tecnico nostrano saprebbe come valorizzare un organico giovane e talentuoso come quello della Roma. Il Cesena spera nelle disgrazie altrui, ma non merita: ha toppato di brutto la scorsa estate.

Scintillante chiusura del Parma di Donadoni, uscito allo scoperto alla distanza. Ancora una vittoria, la settima di fila, per una classifica sbalorditiva. E il merito non può esser del solo Giovinco. Nel derby tranquillità del Tardini decide,  nel primo tempo, Biabiany. Gli emiliani vogliono trattenere il loro folletto. Bella anche la stagione del Bologna, partito malamente con Bisoli. Ai saluti finali anche Di Vaio: Acquafresca per ora pare un improbabile sostituto.

Coerente la Fiorentina, capace di deprimere anche all'ultima uscita, in casa contro il Cagliari. In ballo c'è solo la noia. I tifosi viola ne hanno un po' per tutti e non risparmiano la proprietà, che non gradisce. Per il futuro servirà un motivatore, e qualche acquisto. La curva non vuole Ranieri e invoca il noto boemo, lingua lenta ma tagliente, attualmente alla guida di un godibilissimo Pescara sul punto di sbarcare trionfalmente nella massima serie. Travagliata più del previsto la stagione dei sardi, fra esoneri e richiami sulla panchina, guerre fra Cellino e amministrazione locale. Ridendo e scherzando ad un certo punto non si era messa bene. I rossoblu si consoleranno con il prevedibile incasso per la cessione di Nainggolan, ma qualcosa è da rivedere.

Nel deserto di Marassi si risveglia Gilardino, giusto in tempo per la salvezza annunciata del Genoa. Il Palermo potrebbe far male all'allegra difesa del grifone in più di un'occasione, ma nella ripresa è Sculli a chiudere il conto di rimessa. Stagione assurda e col fiatone quella dei rossoblu, complice una programmazione a dir poco cervellotica (occhio…). Da dove ripartirà Preziosi? Per De Canio missione, breve ma non facile, compiuta. Al futuro dei rosanero come noi roburmatti ben sappiamo c'è già chi pensa, parlandone liberamente, ormai da giorni.

Al Bentegodi si spegne la lotta senza gloria del Lecce, un'intera stagione a risalir la china, sempre vicina eppure irraggiungibile. Contro il Chievo, che non fa sconti, decide Vacek. Chiudono in dieci i salentini per l'espulsione di Carrozzieri. Anche questa volta Cosmi può dire di averci provato fino in fondo, ma non basta: l'impresa non gli riesce mai. In tutta onestà il Lecce, pur con qualche valore individuale (il solito di Michele, i giovani Muriel e Cuadrado) aveva limiti strutturali che hanno pesato più della precarietà societaria. Siano di conforto gli applausi dei tifosi pugliesi a fine gara. Gli asini volanti sfiorano quota cinquanta. Gagliardi e seri fino alla fine. Grande stagione.

Cala il sipario dopo 918 goal, qualche momento di bel gioco, le consuete polemiche e l'ormai cronica isteria che come un fiume carsico riemerge di tanto in tanto ad avvelenare il nostro pallone. Il fondo è stato toccato a Marassi con la resa delle maglie, a Firenze son volati schiaffi. Per la storia si impone il ritorno dopo sei anni di purgatorio della Juventus, che si candida ad aprire una nuova signoria. Milano perde lo scettro a lungo mantenuto fra le due sponde, che devono meditare. E investire. Questione di cicli, che si aprono e si chiudono. E' certo una serie A più tosta rispetto a quella che avevamo lasciato. La vecchia Robur si compiace di aver fatto bene la propria parte; il suo futuro è già oggi, amorevolmente custodita, come sempre, da noi roburmatti. (paolo soave)

Fonte: Fedelissimo Online