SAREBBE STATA LA SUA PARTITA

Era uno dei suoi sogni, uno dei pochi che non è riuscito a realizzare. Ci teneva Paolo De Luca ad assistere ad un Siena-Napoli in serie A. La sua città contro quella che era la sua creatura, roba da fare saltare le coronarie a chiunque.

Ma non a lui, Paolo non avrebbe avuto dubbi e, come nell’anno della promozione in serie A, per 90’ minuti avrebbe tifato solo per la Robur.

Napoli rappresentava la madre ma il Siena era la figlia.

In quel campionato 2002-2003 il Siena vinse al San Paolo e lui, dalla gioia, regalò a Vincenzino Riccio, goleador dell’occasione insieme a Rubino, uno dei suoi ricordi più cari, la maglia di Maradona. Era felice per quella vittoria, molto di più di quanto lo fu qualche senese.

Una felicità che non avrebbe conosciuto nella partita di ritorno.

Quello che successe in quel Siena-Napoli del 5 aprile 2003 ferì profondamente l’Uomo dei Sogni. Schierato in tribuna d’onore con tutti gli amici e parenti giunti dalla Campania, con la voce ancora più roca per i canti che aveva già intonato, fiero di uno stadio dal colpo d’occhio emozionante,  fu salutato dal vergognoso coro “Noi non siamo napoletani”. Una idiozia unica, un’offesa che lui, che stava portando il Siena in serie A per la prima volta, non meritava, una ferita che neanche dopo anni di successi avrebbe mai dimenticato.

A chi l’offese così duramente rispose con la sua solita verve ed intelligenza: “Forse qualcuno non sa che a Montaperti, a fianco delle truppe senesi, c’erano anche soldati napoletani”

Non ne parlava mai ma la ferita gli bruciava e nonostante questo andava sempre, finché ha potuto e finché gli è stato dimostrato affetto, a salutare i suoi tifosi, la sua forza.

Chissà se tra coloro che, durante la contestazione del dopo Siena-Livorno intonò un coro a lui dedicato,  c’era anche qualcuno che a suo tempo si sgolò per fargli sapere che “noi non siamo napoletani”.

Domenica ci sarà Siena-Napoli, nella massima serie, come sognava lui. Dobbiamo pensare al futuro, ottenere il massimo da questa partita. Non ci sarà spazio e tempo per i ricordi e le emozioni, ma chi gli ha voluto bene e chi ancora conosce il significato della parola “riconoscenza” non può mancare di dedicargli un pensiero, intimo e riservato, come era lui nella sua vita. (Nicnat)

Fonte: Fedelissimi