RAZZA ROBUR- Lagitata vigilia del primo campionato ufficiale
L’agitata vigilia del primo campionato ufficiale
La decisione era nell’aria da tempo. In molti chiedevano ai dirigenti della SS Robur di iscrivere la squadra ai campionati ufficiali e queste pressioni sortirono l’effetto voluto solo nell’autunno del 1921, quando il Consiglio Direttivo della società
In quegli anni il calcio era fatto di interminabili sfide tra le varie squadre della città o della provincia e la bestia nera della Robur era la SENA Football Club, dove militavano alcuni dei più forti giocatori cittadini. La SENA si era legata alla AGS Mens Sana bloccando, di fatto, ogni possibilità di traferimento agli atleti in maglia rossa. Questa situazione non consentiva alla Robur di poter tesserare molti validi giocatori, fra cui Giannelli e Cibelli, due veri fuoriclasse dell’epoca.
Ancora una volta vennero in aiuto della Robur l’astuzia di Calzoni, il direttore sportivo, e la sagacia del presidente Francioni, che orchestrarono un piano per far saltare l’accordo tra le due società o quanto meno per cercare di ingaggiare quei giocatori ritenuti utili alla causa bianconera. Approfittando degli stretti rapporti di amicizia con alcuni dirigenti della Sena e a conoscenza delle difficoltà economiche in cui questa società si dibatteva, Francioni iniziò un’opera di convincimento nei confronti dei più riottosi.
L’azione, insistente quasi asfissiante, alla fine ottenne l’effetto sperato e, nel corso di un’assemblea surriscaldata e ad alta tensione, la SENA decide di rompere l’accordo siglato con la Mens Sana, venendo, di fatto, temporaneamente assorbita dalla Robur e liberando così i propri giocatori da ogni vincolo morale (soprattutto) e contrattuale. L’operazione non fu presa bene dalla dirigenza della Mens Sana, ma l’operazione messa in atto dai due dirigenti roburrini fu talmente ben congegnata e rapida che nulla poterono per bloccarla.
A questo punto cominciò l’opera di Calzoni tesa a stemperare l’acredine – frutto di scontri e sfottò di tante amichevoli – che molti giocatori avevano nei confronti della Robur. Uno ad uno cedettero alle lusinghe dell’abile dirigente bianconero. Prima Tommaso Masini, poi Alfio Pistolesi che era addirittura il direttore sportivo della sezione calcio della Mens Sana ed infine Vincenzo Cibelli.
L’unico che resisteva era Giuseppe Giannelli, il pezzo più pregiato e più agognato, che non sentiva ragioni e rifiutava decisamente di tornare ad indossare quella maglia che in passato era già stata sua, ma dalla quale si era distaccato polemicamente.
Calzoni era un tipo di poche parole e ’dai modi decisi e bruschi. All’inizio provò la strada della mediazione, poi passò ai berci e, infine, alle minacce esplicite. Una sera, quando mancavano appena 24 ore dal termine massimo per presentare le liste, bussò alla porta dell’abitazione di Giannelli e si introdusse all’interno di essa senza nemmeno chiedere il permesso. Appena la porta si richiuse alle spalle di Calzoni, iniziarono una serie di urla ed improperi, un violento litigio che si calmò dopo quasi un’ora. Cosa successe e cosa si dissero nessuno lo ha mai saputo, ma furono in tanti coloro che videro Calzoni ritornare verso gli uffici della Robur accompagnato, non si sa quanto volontariamente, da uno sconsolato Giannelli.
Il giocatore firmò il contratto che lo legava alla Robur, diventandone il capitano e la bandiera per tanti anni. (Nicola Natili da Il Fedelissimo in distribuzione oggi – Foto: Archivio Natili)
Fonte: Fedelissimo Online