“Puskas il Canarino” – News e approfondimenti dall’Eccellenza toscana a cura di Francesco Benincasa
Questa settimana non vi parlerò di numeri e di statistiche, di vincitori e vinti. Non vi parlerò neanche di allenatori e giocatori, o meglio sì, lo farò, in modo diverso. Vi parlerò di una squadra, di un giocatore, di un pezzo di storia del calcio dilettantistico toscano e di un episodio che oggi non sarebbe minimamente pensabile. Una storia che ha illuminato il calcio di provincia e che purtroppo non sempre viene ricordata.
È la storia di un attaccante ungherese, scomparso nel 2006 che ha fatto le glorie della sua nazione, del Real Madrid e… del Signa.
Sì avete letto bene, proprio il Signa, quello dove ora gioca Tempesti e che domenica ospiterà l’Audax Rufina.
Sto parlando di Ferenc Puskas, miglior calciatore ungherese, colui che ha contribuito al mito dei Merengues e al quale a Budapest hanno dedicato lo stadio in cui gioca la nazionale.
Cosa c’entra il Signa? Facciamo un passo indietro…
È l’ottobre del 1956 quando i carri armati sovietici entrarono a Budapest per sedare la rivoluzione ungherese. Ferenc Puskás, era con la “sua” Honvéd a Bilbao, per giocare una partita di Coppa dei Campioni. Venuti a sapere del fatto, i giocatori della Honved decisero di non tornare in Ungheria, cercando di far espatriare clandestinamente le loro famiglie in territorio occidentale. Questa decisione non venne presa affatto bene dalla Fifa che condannò Puskas ed altri giocatori a due anni di squalifica dalle competizioni europee. Niente gare e niente allenamenti. Costretto lontano dai campi e dal gioco, Puskas si trasferì in Liguria.
Sulla costa ligure, Puskás frequentava l’albergo gestito dai coniugi Remo Nannucci ed Emma Toccafondi, entrambi originari di Signa.
Proprio allo scopo di favorire la ricerca del calciatore, Nannucci lo presentò all’amico Renato Bonardi. Grazie alle sue entrature presso i vertici della società viola, Bonardi ebbe dei colloqui con Puskás finalizzati al suo trasferimento alla Fiorentina. All’epoca, i gigliati avevano da poco vinto il loro primo scudetto e nel 1957 erano giunti all’atto conclusivo della Coppa dei Campioni, arrendendosi solo al portentoso Real Madrid campione in carica. Durante questo periodo, Puskás strinse una sincera amicizia con Bonardi, amicizia che avrebbe resistito al trascorrere degli anni e al suo status di icona del calcio mondiale.
È il gennaio del 1958 e finalmente Puskas torna in campo…
La maglia però non è quella viola della Fiorentina, bensì gialla color “canarino”. È la maglia del Signa 1914, di cui lo stesso Bonardi è dirigente. È il 23 gennaio 1958, il campo è fangoso e si trova vicino a una piccola stazione ferroviaria di provincia. Intorno alla recinzione il pubblico è in attesa. È una semplice amichevole contro la seconda squadra dell’Empoli (la Fracor Empoli), eppure l’aria è “ovattata e pesante”. Il capitano della “Squadra d’Oro”, la Nazionale ungherese capace di battere 6-3 l’Inghilterra a Londra, di vincere l’oro alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952 e sfiorare la Coppa del Mondo del 1954 è lì, a giocare in un campo di periferia. La maglia è la numero 10 canarina. Il più celebre calciatore dell’epoca è in campo a fianco di carpentieri, elettricisti, ferrovieri ed operai.
L’Empoli fu agevolmente regolato per 3-0 ma Puskás non segnò. Secondo un reporter fiorentino, il migliore in campo fu il portiere empolese, Luciano Corsinovi, capace di neutralizzare quattro poderose conclusioni del magiaro, ricevendone a fine gara i più vivi complimenti.
Nel 2016, a dieci anni della sua morte, il Signa ha dedicato al campione ungherese un campo da gioco, ricevendo i ringraziamenti pubblici dal Direttore Generale del Real Madrid Emilio Butragueno: “Quando il futuro gli apparì incerto, Ferenc Puskas trovò Signa e la famiglia Bonardi che in un suo momento difficile lo accolsero con l’affetto tipico degli italiani e in particolar modo dei toscani. Poi si aggregò al Real Madrid, dove riscoprì il mondo del calcio e contribuì alla grande storia della nostra società”.
(Francesco Benincasa)
Fonte: Fol