Portanova: “Ho visto una squadra impaurita. Tifosi? Un po’ di distacco è fisiologico, ma so quanto bene vogliono al Siena”
“Ogni volta che vengo allo stadio è come se svestissi i panni dell’osservatore e indossassi la sciarpa del Siena”. Parole di Daniele Portanova, che in occasione della partita contro la Lucchese è tornato al ‘Franchi’ per assistere dal vivo alla sua Robur. Per chi come lui ha vissuto l’ambiente senese al massimo dello splendore potrebbe aver fatto un certo effetto ritrovare uno stadio più vuoto del solito, ma l’ex bianconero – intervenuto ai nostri microfoni – tiene subito a precisare una cosa: “È troppo facile giudicare il tifoso che veniva in Serie A, la gente dovrebbe giudicare il tifoso del Siena in Serie D, dove è stato eccezionale. Lo stadio era sempre pieno e in tutte le trasferte avevamo più di 1000 persone al seguito”.
Cosa pensi possa aver allontanato la gente?
“Se manca passione è perché è scemata la passione nel calcio, che è diventato un business a tutti gli effetti. Ma senza passione il calcio non ha motivo di esistere. Per farla tornare serve che squadra e società dimostrino attaccamento. Ai tifosi del Siena non interessa tanto la classifica, guardano quanto amore viene dato, e questo lo so per certo. Un po’ di distacco penso sia fisiologico”.
Che partita hai visto domenica?
“Non è stata una partita affascinante, questo è poco ma sicuro. Ho visto parecchia paura, mi sembrava ci fosse poca serenità e questo si notava sia nelle giocate che nei movimenti. Sono stato calciatore anche io, dovrei essere dentro lo spogliatoio per vedere se ci sono dei problemi. Da fuori però ho visto un Siena un po’ frenato nel gioco”.
C’è qualcuno che ti ha impressionato positivamente?
“Nessuno è spiccato in modo particolare ma la squadra la conosco bene. A me è sempre piaciuto Cardoselli, lo seguo da quando era ragazzo, così come conosco il valore dei vari Terzi, Terigi e Paloschi. Però non voglio giudicare, non sarebbe giusto nei confronti dei giocatori, del mister e della società. Da tifoso mi dispiace solo perché non ho visto quell’anima che ci aveva sempre contraddistinto. Ad ogni modo il Siena ha tutte le carte in regola per finire al meglio questo campionato”.
Campionato difficile, quello della Robur.
“Quando ci sono dei licenziamenti e le strutture societaria e tecnica vengono meno vuol dire che qualcosa è andato storto. Io spero con tutto il cuore che la stagione finisca bene, perché fondamentalmente sono un tifoso. In questo momento c’è un allenatore capacissimo, che ha esperienza e che spero che tiri fuori il meglio da tutti i ragazzi”.
Pensare che la stagione era cominciata bene sotto la guida del tuo ex compagno Gilardino.
“Posso solo che parlare bene di Gilardino, soprattutto sotto l’aspetto umano. Sotto l’aspetto calcistico non serve che dica io qual è il suo valore, è un campione del mondo. Purtroppo nel calcio capita troppe volte che a pagare sia un allenatore”.
Come si può a tuo avviso concludere al meglio?
“Il Siena deve centrare quantomeno il primo obiettivo, cioè la salvezza. Poi ci sono ancora altri punti a disposizione per provare a fare qualcosa in più. Bisogna sempre lottare per fare il massimo possibile. So quello che i giocatori hanno dato e conosco la loro indole, se manca il risultato è perché c’è qualcosa che li frena. In tante situazioni so che si esce solo con la compattezza, per cui la squadra dovrà lottare fino a fine campionato”.
Che idea ti sei fatto del girone B? Tu lo segui da vicino avendo tuo figlio Denis nella Pistoiese.
“Vedo tante partite a livello di Serie C. Ci sono squadre più attrezzate come Modena e Reggiana, però non ho visto schiacciasassi. Il campionato è livellato, spesso è la motivazione a fare la differenza”.
Piccola digressione su quanto successo alla nazionale settimana scorsa. Quali sono a tuo avviso le cause di questo secondo fallimento?
“Il calcio è cambiato molto rispetto a dieci anni fa, non so dire se in meglio o in peggio. Quel che è certo è che non si respira più attaccamento alla maglia, sembra quasi un dovere quello di giocare per qualcuno. Una volta invece era un sogno. Come italiani ci siamo sempre contraddistinti a livello mondiale per la grinta, la cazzimma, cosa che non vedo adesso. L’attaccamento dovrebbe essere la base, poi il problema è che viene chiamata anche gente che non merita. Magari aver toccato il fondo può rappresentare un nuovo punto di partenza”.
Nel tuo futuro invece cosa c’è Daniele?
“Al momento lavoro per il Genoa, dove mi occupo di scouting. Il mio obiettivo però è quello di allenare. Sto vedendo tante partite per tenermi aggiornato. Le mie idee hanno bisogno di una certa organizzazione, ben venga se la trovo altrimenti sono contento di fare altro. Mi metterei in discussione solamente con una una situazione societaria e ambientale che possa sposare la mia visione di calcio. Ai miei figli dico sempre che è facile vincere una partita, più difficile è entrare nella storia di un club”.
E se fosse un’altra volta in bianconero?
“Siena è sempre nel cuore. E poi come si dice, non c’è due senza tre (ride, ndr). Non potrei mai chiudere la porta al Siena”.
(Jacopo Fanetti)
Fonte: Fol