Paura di cadere, voglia di volare

Le cosiddette scorie da retrocessione, eredità pesante di una stagione storta, interessano la scrivania, le quattro mura dello spogliatoio e il campo, ma anche e soprattutto l’ambiente. Non tanto nell’attaccamento alla squadra, come dimostrano gli oltre seimila abbonati del Siena o i sedicimila dell’Atalanta, quanto nell’atteggiamento verso gli eventi. Dopo un gancio inatteso si è guardinghi, perennemente sul chi va là, timorosi di essere nuovamente messi al tappeto. Si vive da amanti feriti, che di proposito alzano la leva del freno a mano per paura di lasciarsi andare. Un comportamento pure comprensibile, quando si ha alle spalle una storia che ha deluso le attese.
Tradotto nelle questioni di casa Robur, ho l’impressione che nelle situazioni borderline si tenda ancora a giudicare il bicchiere mezzo vuoto, o comunque a puntualizzare severamente le criticità. Capita a dirigenti e giocatori, che hanno perso i galloni della serie A; succede ai tifosi, che sono il cuore di una realtà sportiva e sentono la ferita aperta, e anche ai media. Da una parte è giusto così, quando si è appena usciti dall’annus horribilis dell’ultima decade. Perché è importante alzare il livello di autocritica: è uno stimolo costante al miglioramento e mette al riparo da fragorose cadute. L’altra faccia della medaglia è che difficilmente si fanno sogni d’oro, quando si calcola anche il respiro.
Chi mi conosce sa quanto sia ottimista, ma sempre puntuale nella critica costruttiva. Perché resto convinto che il meglio si raggiunga non facendo come gli struzzi, nel calcio e nella vita. Per questo ho passato la rosa alla lente di ingrandimento e analizzato il mercato. Ho scritto cosa ha convinto al 100%, cosa al 90% e cosa invece ha lasciato dubbi; ho discusso volentieri, con amici e conoscenti, dell’opportunità di non rinnovare del tutto la difesa; in chiusura di mercato ho invitato la proprietà a fare trentuno dopo aver fatto trenta, per non lasciare nulla al caso. Ad un certo momento, però, occorre tirare una riga e guardare al futuro con fiducia, per non vivere di emozioni represse. Almeno fino a gennaio, godiamoci un campionato che ha ottime possibilità di vedere il Siena protagonista, evidenziando le problematiche al novantunesimo e non prima del fischio d’inizio. E tenendo sempre presente lo scenario: purtroppo la Robur è in B e ogni giudizio non va espresso in assoluto, ma in relazione ai valori della cadetteria, che stiamo imparando a conoscere.
Al Franchi arriva l’Atalanta, che vive una situazione analoga: ha giocatori di categoria ed elementi da serie A, come i bianconeri; ha un attacco da far paura e un allenatore che ha già vinto la B, come il Siena; ha riserve all’altezza e una società rinnovata, come la Robur; ha una tifoseria numerosa e appassionata, come la nostra. Ad oggi ha il vantaggio di essere scesa in B fra gli applausi, dopo la rincorsa guidata di Mutti, e di aver cambiato proprietà a fine stagione: ciò le ha permesso di voltare subito pagina, evitando le implicazioni emotive di un campionato finito male.
Dopotutto, il torneo successivo a una retrocessione è un po’ come tornare al mare dopo una scottatura: per reazione e per paura, si è portati all’utilizzo di creme superprotettive, che tengono testa anche al sole più cocente. Ma così facendo non ci si abbronza, e invece a maggio vorremmo essere neri come il carbone. Serve un po’ di leggerezza, per stemperare quelle tensioni che un obiettivo dichiarato porta fisiologicamente con sé. Per raggiungere i traguardi più importanti è necessario saper spiccare il volo senza guardare giù, convinti di farcela più che timorosi di uscirne con le ossa rotte. Anche perché in fondo penso abbia ragione Jovanotti: la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. In serie A. (
Tommaso Refini)

Fonte: Il Fedelissimo/Il Fedelissimo Online