La zona rossa e gli impronunciabili

La zona rossa e gli impronunciabili

Saranno contenti i nostri gufetti paurosi che finalmente la loro predizione si è avverata. Da metà settembre piagnucolavano e ripetevano la frase <Tanto ci richiudono> e alla fine ci hanno richiuso davvero. Anzi. Forse hanno chiuso qualcuno di voi perché per noi della stampa, allergici a lavorare da casa, non è cambiato niente. Quando ho cominciato a fare questo mestiere la gioia era andare e stare in redazione, in ‘barricata’, con orari alla Perozzi, rigorosamente senza la moglie del fornaio, e almeno per me è sempre così. Se squilla il telefono nel cuore della notte per un torneo di ping pong a San Miniato sono pronto a rimettermi i pantaloni e correre in redazione per la ribattuta. Si chiama deformazione professionale, ma di quelle gravi. Garantisco che molti colleghi sono decisamente meno integralisti del sottoscritto, ma pazienza. Insomma, tornando alla zona rossa, mi rendo perfettamente conto, gufetti a parte, quanto possa essere incazzato chi ha dovuto abbassare la saracinesca, non lavorare e fidarsi delle promesse ‘da marinaio’ del governo. Perché poi a casa, se non devi lavorare, cosa puoi fare? Sì quell’idea, per chi ha materiale a disposizione, è forse la migliore ma dopo un po’ viene a noia anche quello. Televisione, computer, lettura, cucinare? Sì, va bene tutto ma alla fine tutto farà comunque schifo. E non vi illudete perché questi non ci vogliono riaprire in tempi brevi. Si potrebbe prendere spunto dal Conte di Montecristo, ma alla fine della clausura più che ricchi e spietati si corre il rischio di essere poveri, parecchio demotivati e solennemente incazzati.

Un raggio di sole lo ha portato la nostra vecchia Robur, proprio nel primo giorno di zona rossa con il trionfo in rimonta di Civita Castellana. Una bella vittoria, una bella squadra quella bianconera, ma tutto è durato da Natale a Santo Stefano perché siamo di nuovo fermi. Non solo fermi, ma fermi come annunciato, anche se qualcuno aveva provato a fare il fenomeno, ben sapendo che con il cavolo che si giocava col Grassina. Restano negli occhi le immagini di un’ottima Robur che ci fa pensare in grande, ammesso che prima o poi si giochi. Domenica 29 novembre a San Giovanni Valdarno? Senza chiamare in causa San Tommaso, aspettiamo almeno fino a sabato inoltrato e poi vedremo. Prima o poi, direte voi, questo campionato si dovrà anche disputare. Senza dubbio sì, resta da stabilire la cosa più importante, ossia quando. Intanto però stanno arrivando giocatori dal nome impronunciabile ad alzare il livello tecnico. Quello di prima si chiamava, anzi si chiama, Mahmudov, ok fino a qui ci arrivo anche io, ma resta da capire quando sarà a disposizione perché fino ad ora si allena a parte e ipotesi di debutto non ce ne sono. Poi magari domenica si gioca, entra, fa tripletta e ci sbugiarda tutti, anche se sono troppe combinazioni quelle che ho messo in una frase sola: si gioca, entra e fa tripletta.

Dopo ‘Chi l’ha visto’ Mahmudov, un altro ‘gampione’, come avrebbe detto il grande Paolo De Luca, è arrivato alla corte del ‘Gila’. Stavolta per il nome non mi sbilancio visto che se non vado a leggerlo parto da una base di almeno tre errori. L’unica cosa chiara è che è un centravantone di 25 anni lituano che nella speranza di tutti noi dovrebbe far piangere le difese delle squadre che oseranno sfidare la nostra Robur. Volendo fare un po’ il cattivo mi viene da chiedere, ma questo lo ha scelto Gilardino? E qui ricordo bene la faccia del buon Mario Beretta quando a Finale Ligure nel ritiro invernale gli chiesi se quel Richard Porta arrivato da mezz’ora e lì in campo a fare i primi movimenti con la palla lo aveva fortemente voluto lui. Ebbene la faccia di SuperMario nostro è una di quelle cose che non dimenticherò mai nella vita. Poi dopo qualche istante Beretta si riprese e mi disse: <Beh se ha il tiro forte> e mi fece il classico gesto con il pugno chiuso all’altezza del stomaco spinto in avanti e poi tirato indietro. Un semplice ‘boom’, ossia tiro, non quello a cui qualche burlone sta pensando con malizia in questo momento.

Ma questa è una storia vecchia, il nostro lituano se è arrivato qui è perché ha delle qualità da farci vedere e ce le farà di sicuro vedere. E sarà proprio il ‘Gila’, che sta studiando da grande allenatore, avendo tutte le caratteristiche per diventarlo, a tirare fuori il meglio da questo ragazzone della Lituania. No, non rivedremo il pallone calciato fuori dal ‘Granillo’ di Reggio Calabria sul 4-0 per loro del riccardino nato in Australia ma adottato dall’Uruguay, che se poi andiamo a vedere bene la sua carriera l’ha fatta segnando qualche gol e vestendo anche la maglia del River Plate, ovviamente quello di Montevideo e non quello di Buenos Aires.

Crediamo nelle qualità di questa Robur, in quelle di giocatori e allenatore e quindi non resta che la cosa più complicata: andare in campo e fare novanta minuti più recupero. Ragazze e ragazzi vi saluto e vi abbraccio qui. Alla prossima. (Paolo Brogi email paolo.brogi@lanazione.net)

Fonte: FOL