Guglielmo Mignani: “Il Siena è un sogno realizzato”

Batte per la Robur il cuore di Guglielmo Mignani, da sempre. E ora batte ancora più forte, sotto la maglia bianconera, quella con cui ha tirato i primi calci, quella della sua città, quella che porta con orgoglio, responsabilità e protezione. In prima squadra. Il calcio, d’altra parte, gli scorre nelle vene. Ma il paragone non gli pesa: «Io sono Guglielmo».

Che effetto le fa, Mignani, rivedersi nelle vecchie foto in cui al Franchi faceva il raccattapalle?

«Eh… Sono passato da guardare le partite allo stadio, a esultare con i giocatori in fondo al campo, a essere dentro lo spogliatoio. Il mio sogno, fin da bambino, è stato quello di giocare nella prima squadra del Siena: l’ho realizzato».

Una chance capitata a pochi senesi: sente la responsabilità?

«Un po’ ci sono abituato: avvertivo la pressione già quando mio padre era allenatore, c’ero dentro. Non è semplice essere giudicato dalla città, dagli amici, da chi vedi tutti i giorni. Quindi sì e forse è per questo che quando scendo in campo con questa maglia do sempre qualcosa in più. Non mi tirerò mai indietro per i colori bianconeri».

Cosa significa chiamarsi ‘Mignani’?

«Mio padre ha fatto la storia del Siena, soprattutto come giocatore, ma anche da allenatore ha fatto il suo dovere e anche di più di quello che poteva. Sono orgoglioso di portare questo cognome. Ma io sono Guglielmo e so che quello che sono lo devo dimostrare sul campo, indipendentemente dall’essere figlio di».

Il sangue, però, non mente.

«La prima camminata che ho fatto l’ho fatta con il pallone. Mastico calcio tutto il giorno, mi sento quotidianamente con lui, sono il suo primo tifoso, e con mio fratello Carlo che gioca nelle giovanili della Fiorentina. Ci confrontiamo, ci sosteniamo, ci diamo consigli. Quello che mi ha sempre detto mio padre è di andare a 2000, di dare il massimo, anche quello che non ho, e di non mollare mai». Quale l’immagine più bella che ha da figlio, tifoso e calciatore?

«Da figlio e tifoso la semifinale play off di Catania, con mio padre in panchina: una gioia e un orgoglio. Da calciatore l’esordio al Franchi, quest’anno: quando il mister mi ha chiamato avevo i brividi. Peccato per l’assenza di tifosi che mi avrebbero, ci avrebbero, sostenuto».

Ha la possibilità di essere allenato da un attaccante campione del Mondo.

«Un onore incredibile. Quando ero piccolo lo seguivo, mi ricordo i suoi gol, le sue partite: venire a Siena con Gilardino in panchina è stata una grande emozione, questa è un’opportunità che capita una volta nella vita».

A chi si ispira?

«A due top player italiani: Belotti per la voglia e la determinazione, Immobile per i movimenti e i gol».

Soddisfatto del suo inizio e di quello della Robur?

«Sono entrato tre volte su quattro e spero di aver dato il mio contributo. Il calcio dei ‘grandi’ è tosto, anche se giocare in Primavera, l’anno scorso, mi ha un po’ preparato. Non posso che ringraziare Marco e gli altri compagni più navigati che ci aiutano, ci stimolano, ci consigliano. Siamo una squadra giovane, ma grintosa e determinata, come si è visto. Che dà ogni giorno il 100 per cento per vincere». (Angela Gorellini – La Nazione)

Fonte: FOL