Esclusiva Fol – Mastronunzio: “Robur, avrei voluto dare di più. Calcioscommesse? Ho pagato più di tutti”
Siena e Ancona sono due città che sintetizzano bene la carriera di Salvatore Mastronunzio. “Il gol della vipera”, cantavano i tifosi bianconeri quando il bomber trascinava la squadra di Antonio Conte nella prima parte di stagione 2010/11. Era il suo apice, il momento di gloria di una carriera cominciata col debutto in A da giovanissimo con l’Empoli (e subito dopo la D col Baracca Lugo) e consacrata con il triennio ad Ancona. Lì, nelle Marche, vinse il campionato di C1 e si salvò due volte in B. Poi, dopo il secondo fallimento, tornò addirittura in Prima Categoria, portando la squadra in Eccellenza. E un ritorno c’è stato anche a Siena, nel secondo anno di Ponte. Quello post-calcioscommesse.
Salvatore, sabato si incrociano due squadre che significano tanto per te.
Ancona per me è stato tutto, sono il giocatore che ha segnato più gol nella storia del club. A Siena ho vinto un campionato con Conte e poi tornai dopo la squalifica. C’era Atzori, e poi Carboni. Iniziammo bene ma finì in tragedia, con quel 6-1 a Foggia…
Partiamo dall’anno di Conte. Inizio super: 7 gol in 16 presenze tra cui quello pesantissimo nello scontro diretto con l’Atalanta, poi una seconda parte di stagione con meno spazio (alla fine saranno 34 presenze e 9 gol).
All’inizio giocavo sempre, poi da gennaio non so cosa successe. Però mi sono sempre comportato nel migliore dei modi, cercando di dare il contributo.
Ci fu un attrito con Conte?
Uno screzio, una cosa di gestione se ricordo bene. Non condividevo delle cose e lo feci presente. Ma siamo in democrazia, ognuno è libero di pensare e dire quello che ritiene più opportuno, in modo rispettoso. Spero che non sia stato questo il motivo, sarebbe folle.
Il Siena quell’anno vola in A, tu invece riparti dalla Serie C. Perché?
Semplice. L’allenatore nuovo (Sannino, ndr) non mi vedeva, e tra le tante proposte quella che mi allettò di più fu dello Spezia, che aveva un progetto per vincere. Quando arrivò la chiamata del Brescia in B, non avevo ancora firmato per lo Spezia ma avevo dato la parola, e per me la parola conta più di una firma. Non me la sentii di cambiare. A posteriori forse avrei fatto bene, visto che non mi trovai bene e a gennaio me ne andai.
Quanto rammarico c’è nel non aver avuto una chance in A con la Robur?
Tanto. Già in ritiro in estate mi allenavo coi fuori rosa. Non ho avuto la minima possibilità di dimostrare che forse ci potevo stare, in una rosa di A.
Poco dopo arriva la mazzata del calcioscommesse.
Mi hanno fermato in un momento importante, avevo ancora il contratto col Siena. Un danno allucinante, per cose non fatte. Non ero stato io a chiamare, mi avevano chiamato. E mi ero pure rifiutato, tanto da segnare una doppietta nella partita in questione. Potevo pagare omessa denuncia, ma non tentato illecito.
Una pena pesantissima, rispetto ad altri tuoi colleghi.
Ho pagato più di tutti. 4 anni e mezzo la prima sentenza, 4 la seconda. Al Tnas pensavo di prendere, come gli altri, dai 10 ai 15 mesi. E invece ho preso tre anni! Ho pagato anche più di chi aveva vissuto intercettazioni o computer sequestrati. Non sono ipocrita: quando vieni accostato al calcioscommesse, non puoi uscirne pulito. Ma da non uscirne pulito a prendere 3 anni ce ne vuole.
La squalifica di fatto è riferita ai tempi dell’Ancona.
Sì, poi mi chiesero in generale anche del Siena, ma rimandai tutto al mittente perché non sapevo niente di più di un esterno. Quando ho fatto l’interrogatorio volevano qualche nome. Si parlava di singaporiani, zingari. Io non sapevo niente, cosa potevo denunciare? Dovevo fare il nome di un mio compagno o di un altro calciatore senza motivo? Forse se l’avessi fatto avrei preso 10-11 mesi, ma ho preferito tenere questa linea. Però l’importante è guardarsi allo specchio e poter girare a testa alta. Altri magari non fanno come me.
Hai anche tu la sensazione che alla fine, dopo quel maxiprocesso, furono presi soltanto i pesci piccoli?
Penso proprio di sì. I pesci grandi, si sa, fai fatica a prenderli. Chissà, se giovavo da un’altra parte, in una piazza importantissima, magari non prendevo tre anni. Ripeto, visto che sono stato accostato era giusta una lezione. Ma non spaccare una vita. Perché a me l’hanno spaccata. Mi hanno accusato ingiustamente di un tentato illecito che non ho mai fatto. Se danno tre anni a me allora devono squalificare tutti nel calcio.
Dopo inchieste, interrogatori e sentenze discutibili, a 36 anni tornasti in campo proprio col Siena, in C, segnando a Pisa e poi con Maceratese e Pontedera (più un gol in Coppa col Foggia).
Tornai a Siena molto volentieri, perché ci ero stato bene. Mi rimisi in forma, venne quel gol a Pisa, poi il cambio di allenatore. Con Carboni andò così e così e giocai poco. C’erano delle situazioni che tutt’ora faccio fatica a capire. Finimmo in tragedia. Mi ricordo la semifinale a Foggia dove perdemmo 6-1. Fu un dispiacere perché potevo dare e dire ancora qualcosa. Poi, se non ti danno la possibilità, te ne fai una ragione. Volevo smettere, l’anno dopo non ci fu niente. Poi arrivò la chiamata dell’Anconitana.
Che era fallita per la seconda volta, ripartendo dalla Prima Categoria.
Accettai a occhi chiusi per finire la carriera. Ma dopo due anni e due campionati vinti, il presidente non mi ha riconfermato.
C’è molta ingratitudine nel calcio?
C’è tanta ignoranza. Con vent’anni di professionismo ti dovrebbero vedere come una risorsa, non come un problema. In questi ultimi anni ho cercato di parlare con i più giovani, li ho aiutati, li ho sgridati se era il caso. Perché non ci vuole solo la carota. Nel mio calcio c’era sempre il bastone, e così sono cresciuto. Ho 42 anni, per me il calcio è tutto e correrei ancora dietro a un pallone, però dico: è possibile che nei miei 4 anni nei dilettanti non ci siano state persone a credere nella mia mentalità? Forse perché non vogliono crescere. Se viene Messi a giocare con me, gli pulisco anche le scarpe. Perché da lui posso solo imparare. I giovani di adesso pensano di essere arrivati, in Promozione come in C, se sono in prestito dalle grandi squadre. Tutti con la puzza sotto il naso.
Hai giocato fino all’anno scorso, con la Maceratese in Promozione. Il tuo futuro immediato?
Se arriva una proposta per giocare la prendo in considerazione, però sto valutando anche altro. Molto probabilmente prenderò il patentino di allenatore, e vediamo cosa salta fuori. Io nel calcio vorrei rimanerci, perché lo frequento da quando avevo sei anni. Un po’ mi ha deluso, più vai avanti e più ne senti di ogni tipo, ma mi rendo conto che altro farei fatica a farlo. Il calcio è la mia vita, la mia passione. Spero di fare l’allenatore con uno staff che conosco, con cui ho giocato, che ha la mia stessa mentalità.
Un ritorno a Siena?
Io a Siena ero stato bene anche l’ultimo anno, mi è dispiaciuto perché da Carboni sono stato chiamato in causa pochissimo. Però ci ritornerei. Non ho niente da nascondere, anche coi tifosi ci chiarimmo quando tornai, sul fatto della squalifica.
Sabato c’è Siena-Ancona.
L’Ancona la seguo, l’ho vista contro il Modena e poi domenica, non mi aspettavo perdesse col Gubbio. Il Siena invece non l’ho mai visto giocare. Sarà una partita tosta, delicata. Entrambe vorranno vincere. L’Ancona per consolidare i playoff, il Siena per rimanere agganciato. Molto delicata.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte: Fol