Esclusiva Fol – Fabbro: “Mi aspettavo almeno una chiamata. Il primo ricordo di Siena? I magazzinieri”
“A fine stagione, durante il miniraduno, mi avevano accennato di volermi tenere. Poi il silenzio, non ho più saputo niente”. Michael Fabbro fa parte della lista di calciatori svincolati dal 1 luglio, a cui non è stato rinnovato il contratto. “Ho letto che volevano continuare solo con Disanto, non ho né chiesto né chiamato qualcuno”, racconta l’attaccante friuliano al Fedelissimo Online.
Deluso per come è andata?
Per quello che penso di aver dato mi aspettavo un altro trattamento. A gennaio mi hanno chiesto una mano, dopo due anni di B sono arrivato con umiltà, lavorando per tornare in forma dopo i sei mesi senza giocare. Ci siamo salvati, sfiorando i playoff. Almeno una chiamata me l’aspettavo. Ma ormai non mi stupisco di niente, ne vedo di tutti i colori. Nel calcio c’è poca riconoscenza.
Immagino ti avrebbe fatto piacere rimanere.
Certo, sennò non sarei venuto neanche a gennaio. Dispiace per Siena e per i tifosi che mi hanno sempre sostenuto.
Il gol a Modena rimane il momento più bello?
Sì, lì ho capito che mi ero rimesso in carreggiata. Dopo sei mesi di allenamenti individuali, segnare in casa della capolista in uno stadio pieno è stato bellissimo. E poi è stato importante per la squadra, da lì in poi abbiamo fatto diversi risultati utili.
Mettiamo sul piatto le tue due esperienze in bianconero, questa appena trascorsa (14 presenze e un gol) e quella nella stagione 2018/19 (25 presenze e due gol, a Lucca e a Pisa).
Sono due situazioni molto diverse. Nel 2018 ero arrivato sperando di fare la B e la squadra era fortissima. In attacco c’erano Aramu, Gliozzi, Guberti, Cesarini, Cianci. Per un motivo o per un altro non siamo riusciti ad andare avanti ai playoff. La seconda esperienza era un’occasione per rimettermi in carreggiata. C’ero riuscito, ma sul più bello è finita la stagione.
L’amarezza più grande l’hai avuta col Chievo: sei stato l’ultimo a segnare e a vestire la maglia da capitano prima del fallimento.
L’annata al Chievo avevo raggiunto una piena consapevolezza della serie B, pensavo di poterci stare per più tempo. Ma il calcio purtroppo è questo. E adesso siamo di nuovo qua, liberi.
Hai ricevuto qualche offerta?
Qualcosa si muove, ma il mercato non è ancora entrato nel vivo e per adesso mi sto allenando con un preparatore a Udine. Negli ultimi anni durante il mercato si parla, si parla, si parla ma poi decidono tutti all’ultimo.
Dopo Verona hai riempito il tempo libero in modo “originale”.
Ho iniziato a dipingere, una passione che ho sempre avuto grazie a mio padre pittore ma che non avevo mai avuto modo di coltivare. Avendo più tempo, in quel periodo dipingevo e pensavo ad altro, per svagare la mente. Con mio padre abbiamo aperto un profilo Instagram, i lavori sono piaciuti molto. Per ora è puro divertimento, poi un domani chissà. Si potrebbe trasformare in qualcosa in più. Non escludo nulla, non voglio precludermi niente nella vita. Inutile pensare a una cosa sola.
Arte e pure musica, nella vita di Fabbro.
Suonare al pianoforte è la mia più grande passione. Di recente l’ho fatto a un matrimonio di un mio ex compagno, Mogos. Mi piace fare tante cose, non solo giocare a pallone. Tempo fa lessi un’intervista di Evra. Diceva, se ricordo bene, che nel mondo del calcio è come stare dentro un cassetto, o un piccolo contenitore. Devi stare lì, perché se esci allo scoperto vieni etichettato. Un suo compagno aveva pianto per un film e tutti lo prendevano in giro. Sono luoghi comuni che dovrebbero cessare. Nel calcio c’è troppa serietà e un pensiero retrogrado, di cent’anni fa.
Torniamo al presente: ti stai guardando per restare in C?
C’è qualcosa sia in C che in B, vediamo. Ci sono tante variabili, giocatori che devono andar via dalle squadre… Speriamo di chiudere il prima possibile per fare un minimo di preparazione. Penso siano due anni che non la faccio.
Vedi il calcio in maniera diversa, dopo quello che hai vissuto in questi ultimi anni?
Non ho perso mai la fiducia nel gioco, l’ho persa nelle persone che ci lavorano all’interno. La passione resta, quando scendo in campo è come se fosse il primo giorno. Il problema sono le persone che rovinano il calcio, in primis i procuratori e poi i dirigenti delle società. Su quello sono ormai sfiduciato e ci vado coi piedi di piombo.
Non hai quindi un procuratore al momento?
Faccio quasi da solo, mi aiuta una persona fidata. Ho perso fiducia su questa figura. Per me i procuratori sono tutti uguali, ci sarà l’eccezione ma la maggior parte sono così. Ci sono accordi tra società e procuratori, e tante altre cose, che il calciatore non conosce. Tanti agenti pensano al proprio interesse e non a quello dell’assistito. Se ci fossero persone più corrette e giuste, il calcio sarebbe un mondo migliore.
Michael, per chiudere: se un giorno qualcuno pronunciasse in tua presenza la parola “Siena”, cos’è la prima cosa che ti verrebbe in mente?
La prima cosa che mi viene in mente? I magazzinieri e i massaggiatori. Arrivavano per primi, erano sempre col sorriso, soprattutto Ezio (Targi, ndr). Ti mettevano subito di buon umore, anche quando le cose non andavano bene. Ecco, tornando al discorso precedente: nel calcio ci vorrebbero più persone buone, come i magazzinieri e i massaggiatori del Siena. Che spesso vengono dimenticati. Ma alla fine, se stai bene in una piazza o in un club, è anche merito loro.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte: Fol