Esclusiva Fol – D’Agostino: “A Siena ho dato tutto. Mercenario? No, sfigato. Ci ho rimesso 2 milioni”
Doppio ex di Alessandria-Siena di domenica è Gaetano D’Agostino, che ha allenato i grigi e vestito la maglia bianconera da calciatore. “L’Alessandria è partita in forte ritardo, il presidente voleva regalare la società ed è stato poi costretto ad iscriverla – spiega D’Agostino al Fedelissimo Online – il Siena è una buonissima formazione, può vincere in tutti i campi ma trova difficoltà se non lavora di gruppo. Se la Robur gioca concentrata domenica può vincere perché la vedo più squadra, più organizzata”.
Mister, partiamo dal Siena, in cui ha giocato tra il 2011 e il 2014. Stagioni complicate, con gravi problemi societari e lei a pagare più di altri a livello di immagine.
La mia situazione è stata enfatizzata, ma le cose erano ben diverse tra gli addetti ai lavori, e parlo dei compagni, dei magazzinieri, del dottore. Se oggi vado a Siena e alzo il telefono, mi rispondono una cinquantina di amici. Il primo anno, quello con Sannino, è stato meraviglioso. Giocavamo benissimo di squadra, ottenendo la salvezza in anticipo. L’anno dopo vennero i problemi.
Iniziava tutto a sfaldarsi e a gennaio passò al Pescara.
Io a Pescara non volevo andare. Il presidente mi chiama, mi fa uscire dall’allenamento e mi prega di andare via per il bene della squadra, perché non aveva più soldi da darmi. L’unica mia frase è stata: “Sto lottando per la salvezza col Siena, vado in una diretta concorrente? Rimango a Siena”. E lui: “Ma non ti posso più pagare”. Questa è la verità. Io stavo bene, sapevo che sarei andato a retrocedere a Pescara. Una grande piazza, con un bellissimo tifo, ma volevo salvarmi col Siena, avevo parlato con mister Iachini. Quando ho fatto quell’intervista a Pescara, era una provocazione verso il presidente, di certo non verso i tifosi. Ho sentito delle dicerie, che ero un mercenario. Io a Siena ci ho rimesso 2 milioni di euro, ho spalmato il contratto e poi è fallito il club. Sono più un mercenario o sfigato? Opterei per la seconda. Ma dal punto di vista sportivo e umano Siena è stata un’esperienza stupenda.
Dopo Pescara rientra dal prestito, col Siena in B e una situazione finanziaria pesantissima.
Il primo giorno ci radunano in albergo dicendo che dovevamo mettere una quota per venire incontro all’iscrizione. La mia parte l’ho messa. Siamo partiti col botto, con due gol miei da calcio d’angolo. Poi il ds ci viene a dire – tre giorni prima della scadenza del pagamento degli stipendi di novembre e dicembre, che ci avrebbero dato dei punti di penalità – che avrebbero bonificato. Da allora non si è più sentito nessuno.
E ricordiamo bene cosa successe a quel punto.
Era una guerra continua. Con la società, con la banca. Per capire cosa dovevamo fare, per capire le dinamiche. Siamo rimasti soli sei mesi con gli addetti ai lavori, come i magazzinieri che ringrazierò sempre. Sigilli al campo, mancanza del pullman… ci radunavamo in un punto a Siena per andare insieme, altrimenti se fossimo andati ognuno con la propria macchina saremmo sembrati dei dilettanti allo sbaraglio. Ma nonostante questo siamo arrivati ad un punto dai playoff, sapendo di fallire. All’inizio il tifoso non mi ha accolto bene, poi con le prestazioni hanno capito che stavo dando tutto.
Cosa ci può dire dell’esperienza all’Alessandria?
Come tutte le esperienze, è stata formativa. Se fai i playoff a Francavilla e ti chiama l’Alessandria non puoi dire di no. Ho firmato un biennale e sono stato preso in giro. Quando sono arrivato si era chiuso il rubinetto, ho dovuto lavorare con una rosa di bravi ragazzi ma non all’altezza del blasone del club. Ricordo il ritiro a 45 gradi, per venti giorni ho allenato calciatori come Marconi, Gonzalez, Gozzi e Fischnaller e ogni due giorni andava via un pezzo. Comunque ci stavamo salvando, poi un giorno mi si è chiusa una valvola, ho detto quello che pensavo e si sono rotti i rapporti.
Cosa sta facendo adesso?
Ho rifiutato quattro squadre, due a luglio e due a gennaio, perché non alleno in Lega Pro se non c’è un progetto serio e persone che parlano di calcio. Se non hai una squadra per vincere il campionato, se non sei in un grande club, fai fatica a fare il salto. E io, con tutto il rispetto, non voglio essere etichettato come allenatore di Serie C. Non è la mia ambizione. Non mi voglio impelagare in programmazioni fittizie, dove si parte con grandi propositi e poi dopo due pareggi vai a casa. Ho aperto un’Academy a Roma, prossimamente ne aprirò una a Milano. Non è una scuola calcio, sabato e domenica non abbiamo squadre. Andiamo a integrare il lavoro delle scuole calcio, cerchiamo di migliorare i ragazzi sotto l’aspetto coordinativo e tecnico. Poi, parlando col mio agente, vediamo se ci sarà la possibilità di prendere una Primavera in un settore giovanile serio. O altrimenti piazze in C dove vale la pena.
Mister, ma davvero poteva finire al Real Madrid o alla Juventus o erano solo suggestioni di mercato?
Era tutto reale, altro che fantasia. Avevo già chiuso con la Juve, avevamo l’accordo contrattuale, poi le società non hanno trovato l’intesa. Ho detto di no al Napoli, e questo è il mio unico rimpianto. Perché ho deciso io. Ma le altre cose no. Ho vissuto quei quattro anni a Udine di continua crescita dove ho meritato sul campo le offerte ricevute, non posso aver rimpianti per situazioni in cui sono stati gli altri a decidere.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte: Fol