Esclusiva Fol – Canzi: “Allenare il Siena è uno dei miei sogni. Faccio il tifo perché la Robur trovi continuità”
Dopo sette anni in Sardegna, cinque a guidare la Primavera del Cagliari e due a dirigere la prima squadra dell’Olbia, Max Canzi lascia l’isola e si prepara ad una nuova sfida, sempre in Serie C (è vicinissimo a firmare con la Turris). “Una scelta condivisa con la società, in maniera serena”, racconta al Fedelissimo Online l’ex collaboratore e viceallenatore della Robur.
Qual è il bilancio di questi sette anni?
Assolutamente positivo. A Cagliari sono arrivato l’anno dopo il cambio di proprietà, nel momento in cui Beretta era diventato responsabile del settore giovanile. Ci siamo ritrovati in Primavera 2 senza retrocedere, siamo risaliti e il primo anno abbiamo sfiorato i playoff mentre il secondo anno è stato sospeso il campionato quando eravamo a tre punti dall’Atalanta capolista. Ho finito facendo il secondo di Zenga in prima squadra e in quel periodo lanciammo diversi giovani: Carboni, Ladinetti, Galliano… La retrocessione di domenica in Serie B è stato un dispiacere enorme. Sia per la passione e i soldi che mi mette il presidente e sia per tutto ciò che rappresenta il Cagliari per una regione intera. È un club diverso dagli altri, non si trova da nessun’altra parte una situazione del genere.
Adesso Max Canzi è pronto ad un’altra avventura.
Sto parlando con varie società, ho avuto qualche offerta. Con un clun la trattativa è abbastanza avanzata.
Fosse arrivata una chiamata dal Siena?
Eh, fosse arrivata l’avrei considerata tantissimo perché sono rimasto legatissimo a Siena. La considero una seconda casa, come Cagliari. Ho dei ricordi meravigliosi, ho lasciato tantissimi amici. Sono un tifoso viscerale della Robur. A parte quando ci gioco contro (ride, ndr).
Come valuti il campionato del Siena appena concluso?
È stato un campionato al di sotto delle aspettative. È vero che era ripescato, però il fatto di prendere Perinetti dava ampie garanzie sul livello della squadra e i nomi confermavano questa cosa. Il Siena aveva un budget ben più alto di molte squadre, Olbia incluso. Per il futuro la cosa più importante è che la società si stabilizzi. In questo momento sto facendo il tifo perché riesca a trovare una continuità che in questi ultimi anni è mancata. Solo così la Robur può tornare dove le compete.
Come si spiega questo tuo legame così forte con Siena?
È la città che mi ha accolto nel professionismo. Venivo da 15 anni nei dilettanti, Beretta mi chiamò per fare il suo collaboratore e fu un fulmine a ciel sereno. Vivevo a Strove, a Castel Bigozzi, perché ci allenavamo a Colle ed era a 20 minuti dal centro di Siena. Ogni anno, per una settimana, con la famiglia torniamo lì.
Erano le stagioni 2006-07 e 2007-08, poi ci fu l’altra esperienza in B, da vice sempre di Beretta.
Sì, l’anno del fallimento. Fu terribile sotto l’aspetto societario, bellissimo se vediamo il rapporto instaurato con squadra e tifosi. Otto punti di penalizzazione, senza stipendi da dicembre, il campo di allenamento trovato due o tre volte chiuso, il palo di Rosina a Varese. Abbiamo venduto a gennaio Giannetti e Paolucci perché ci dissero che avrebbero salvato il club. Ma per come è andata tanto valeva tenerli. Era un gruppo meraviglioso, ogni giocatore che voi del Fedelissimo intervistate dice la stessa cosa.
Chissà se un giorno ti vedremo di nuovo a Siena…
Allenare il Siena è uno dei miei sogni. Quest’anno, al ritorno ad Olbia, 50 meravigliosi disperati venuti da Siena, sotto la pioggia, mi han fatto un coro a inizio partita e inizio secondo tempo. È stata una cosa inaspettata e commovente.
Se torni a Siena, fai uno squillo a Beretta?
(ride, ndr). Mario credo che abbia fatto altre scelte, però siamo amici, praticamente dei fratelli. Sicuramente sarebbe sempre lì a darmi una mano, come ha sempre fatto. Se poi volesse farsi coinvolgere, sarei felicissimo.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte: Fol