Esclusiva Fol – Ardemagni: “Le cose successe a Siena non le ho mai vissute in 20 anni di professionismo”
“In vent’anni di professionismo le cose che ho visto a Siena non le avevo mai viste da nessun’altra parte. Montanari non sa neanche cosa vuol dire giocare a calcio. A un certo punto il mister non lo poteva più vedere nessuno”. Sono solo alcuni frammenti della lunga intervista rilasciata al Fedelissimo Online da Matteo Ardemagni, che fa il bilancio di 18 mesi in bianconero, gli ultimi 12 da emarginato.
Matteo, cominciamo dal principio, da gennaio 2022. Arrivi a Siena e firmi un contratto di un anno e mezzo.
Venivo da sei mesi fuori rosa a Frosinone, non era facile riprendere cambiando categoria. La C non la facevo da quando avevo 18 anni. Ho avuto difficoltà ad entrare in condizione ma sono riuscito a fare quei gol che servivano a raggiungere la salvezza. In caso di playout non so cosa sarebbe successo visto che avevamo le pile scariche.
In estate poi cosa succede?
Cambia tutto. Vanno via gli armeni, va via il direttore che mi aveva portato. Arriva Salvini con cui avevo un buon feeling avendolo avevo già a Frosinone. Inizia il ritiro e va tutto bene, Pagliuca mi dice che ha bisogno di me e della mia esperienza. Ma durante la preparazione noto atteggiamenti strani del mister. Un personaggio maniacale, anche bravo ma offendeva quasi tutti i giocatori. Allora vado a parlare col direttore, anche perché sento voci che mi danno sul mercato.
E Salvini cosa ti dice?
Che sono il vice di Paloschi, che sono un suo uomo. Mi dice insomma di restare. Poi però, a fine ritiro, Pagliuca mi fa: con te non riesco ad essere me stesso. E io: e perché? Qual è il problema? Non riesco a dirti una cosa in più che magari te la prendi, risponde lui. Soffriva la mia personalità, non sono uno che si fa dire parolacce o che si fa mettere i piedi in testa. Mi ha fatto capire che dovevo andar via. A quel punto torno da Salvini.
Che ti rassicura di nuovo.
Sì. Mi dice: non ti preoccupare, resti qui. Avevo due campane e non sapevo a chi credere. Decido allora di farli incontrare, per capire come stanno le cose. Si mettono a discutere, litigano tra di loro. Alla fine litigo pure io con Salvini, perché penso che un direttore non si debba far scavalcare da un allenatore.
E rimani fuori rosa.
Inizio ad allenarmi a parte, assieme a Caccavallo. Solo che erano gli ultimi giorni di mercato e tante squadre erano a posto. Avevo una mezza trattativa ma non si è trovato l’accordo e sono rimasto fuori rosa sei mesi a Siena. Non ho mai fatto casino – anche se potevo farlo, ad esempio facendo domanda di reintegro – per il bene del gruppo e perché non aspettavano l’ora di un mio passo falso per eventuali multe. A 36 anni ho cercato di ragionare con la testa.
In questi primi sei mesi fuori rosa sono iniziati ad arrivare altri problemi.
Avevo già avvertito i vari Lanni, Paloschi e Crescenzi. Ragazzi, questo non mi convince. Montanari è un personaggio, in vent’anni di professionismo ho visto cose mai viste da nessun’altra parte. Non sa neanche cosa vuol dire giocare a calcio, non conosceva nessuno dei giocatori. Al primo incontro mi presento e lui mi fa: chi sei?
A gennaio che succede?
Dico al presidente che a questo punto devo andarmene. C’era la Vis Pesaro che mi dava la metà dei sei mesi di stipendio rimanenti, l’altra metà avrebbe dovuta metterla Montanari. E si parla di una cifra che prendono anche dei ragazzini. Ma il presidente convoca il procuratore dicendogli che non vuole che io vada via. In tutto ciò Salvini era già sparito e Montanari aveva portato uomini suoi. Al campo vedevo sempre facce nuove.
E allora?
Montanari mi propone il rinnovo. Ma come, ma non mi stai facendo giocare! E lui: dai, vieni, ne parliamo, sei intelligente, forse abbiamo fatto uno sbaglio. All’appuntamento non vado, va il mio procuratore. Dopo l’incontro arriva da me bianco in volto. Matteo, mi dice, non ho mai assistito a una cosa del genere.
Che era successo?
Mi aveva offerto altri due anni di contratto, ma considerando i soldi che già mi doveva. Faccio un esempio. Anziché darmi 60 nei sei mesi rimanenti, voleva dividerli: 20 fino a giugno, altri 20 l’anno dopo e altri 20 l’anno dopo ancora. Una follia, nessuno avrebbe mai accettato.
Quindi come ti sei comportato?
Ho provato con l’ultimo tentativo. La Vis metteva oltre la metà, lui avrebbe messo il resto. Ma Montanari dice al mio procuratore: scusa, ma perché devo pagare un mio giocatore per mandarlo via? Non voleva lasciarmi andare, buttava la responsabilità sul direttore e Pagliuca. Alla fine è saltato tutto. La Vis non voleva spendere altri soldi e sono rimasto lì.
Come hai passato questo anno intero?
Mi sono sempre allenato, mi sono iscritto anche in una palestra. Non è stato facile, perché in altre piazze ero un giocatore che faceva la differenza, se non in campo fuori. Sono stato capitano ad Avellino, Perugia, Ascoli. Dovevano trattarmi meglio, ma sono stato bravo a mantenere la calma.
Hai sempre avuto rapporti con i compagni di squadra?
Li frequentavo, e piano piano anche loro hanno capito che stava succedendo qualcosa. A un certo punto spiace dirlo ma il mister non lo poteva più vedere nessuno. Era uno stress continuo. Mentre il presidente è sparito, non si è più visto al campo.
Adesso Ardemagni riparte per la prima volta in carriera dalla D.
Il Chieti mi ha cercato fortemente e ho accettato senza neanche pensarci tanto. Il progetto è ambizioso, vogliono risalire in C, e così sto tranquillo, gli attaccanti vengono cercati di solito alla fine del mercato. E poi la mia carriera l’ho fatta, ho già dimostrato quel che avevo da dimostrare. Ma dopo un anno fermo la voglia di rivincita è tantissima.
In conclusione, che ricordo lasci di Siena?
Di negativo tutta l’annata, brutta per i tifosi e per noi. Di positivo, a parte la bellissima città, l’attaccamento dei tifosi alla maglia. Ricordo benissimo il clima che c’era quando venni qui da avversario con l’Atalanta, in B, ci giocavamo quell’anno la promozione in A. E anche adesso la gente mi fermava in centro, mi diceva “Grande Arde”. Gli voglio bene perché mi hanno trattato bene. A livello calcistico è stato rovinato tutto, però bisogna reagire. Spero che qualcuno riesca a salvare la Robur e farla tornare dove merita.
(Giuseppe Ingrosso)
Fonte: Fol