Cera una volta
C’era una volta una bella donna. Matura, ma piacente. Molto piacente. Di quelle che sbocciano superati gli anta. Vestiva di bianconero e quasi nessuno, prima di allora, se l’era mai filata. D’un tratto esplose in tutta la sua bellezza ed ecco un mare di principi azzurri e cortigiani. Innamorati pazzi, a sentire loro; incantati, ammaliati da tanto splendore.
Raggiunta la cadetteria, la vecchia Robur – fino a quel momento dimenticata – ha trovato amici, estimatori e popolino di contorno. Salita in A, non ne parliamo: tutti in fila per farsi una foto, per un aperitivo o un momento conviviale, per un sorriso a favore di camera o un comunicato stampa trionfale. Bello il calcio dei grandi, che porta in dote titoli, riflettori, interviste, palcoscenici da abiti su misura e cravatte regimental.
Manager di banca, proprietari e dirigenti sportivi, uomini politici e chi più ne ha più ne metta. Non basterebbe una settimana per fare l’appello e nominarli tutti, i beneficiari del miracolo Robur. Illuminati dai riflettori accecanti del calcio italiano, che ha il potere di trasformare un ranocchio in principe azzurro. Da figure di contorno a celebrities della passarella, protagonisti del tappeto rosso riservato agli addetti ai lavori, ai conoscenti, agli amici degli amici e a tutta la corte. Dei miracoli, appunto.
Adesso che quella bella signora ha perso il suo appeal, ecco il deserto dei Tartari. Fra chi non può, chi non vuole e chi se ne frega, è rimasto il vuoto accanto alla Robur. La si tratta come un numero, in maniera fredda. Piani industriali e controproposte, tentativi campati per aria e campionati mondiali di tiro alla corda. Che alla fine si spezza, a meno di un colpo di tacco che ci auguriamo, figlio di un club che ha vissuto una storia tutta in salita: saudade e periferia, campi di terra e polvere negli occhi.
Mettetevi una mano sulla coscienza – uomini della finanza, presidente, dirigenti vari, politici di prima classe, seconda e pure economica -; guardatevi allo specchio e pensate a quante foto, interviste, articoli di giornale, servizi tv e strette di mano sono da ricondurre a quella creatura che un visionario napoletano – mica senese, e non è un caso – aveva reso così affascinante. Se siete più belli, più simpatici, più vincenti e forse anche più ricchi, molto del merito va a una vecchia signora classe 1904. Sedotta e abbandonata, proprio nel momento in cui avrebbe più bisogno di compagnia.
Parlo a voi che potete incidere, che avete in mano le sorti del Siena. Agli altri non mi rivolgo neppure, anche perché sarebbe la centesima volta e il caldo di stagione non stimola a sprecare il fiato. Per altri intendo chi, in questi anni, non ha fatto niente per sfruttare le mille opportunità legate al fenomeno calcio, a chi lo ha addirittura avversato e compagnia bella. Siete il freno a mano delle vostre categorie di appartenenza, composte fortunatamente anche da molte persone in gambe abituate a produrre, a lavorare sodo, a farsi venire in mente idee e a porsi in maniera propositiva nei confronti delle novità.
C’è ancora tempo – poco, a dire il vero – per dimostrare di essere uomini e non caporali, trovando una quadratura del cerchio che favorisca una soluzione positiva della vicenda e restituisca alla Robur un minimo di serenità. Poi dovrà cominciare a camminare con le proprie gambe, come è giusto che sia. E non potrà più sbagliare, lo sappiamo bene. Ma un’altra chance la merita, non fosse altro perché ai tempi d’oro è stata usata da tutti, per ottenere credito, visibilità e consenso. (Tommaso Refini)
Fonte: Fedelissimo online