Bani: “Alla Robur sono maturato, vissuto un ambiente unico. Spero che i miei ex compagni si tolgano tante soddisfazioni”

Due anni sulle montagne russe, tra aspettative di squadra disattese e complicazioni improvvise, che ne hanno però fatto uno dei pochi punti fermi di questo periodo storico. Cristiano Bani se l’aspettava forse diversa la sua avventura alla Robur, ma l’esperienza in bianconero gli ha comunque lasciato il segno: “Sono cambiato, mi permetto di dire che sono maturato calcisticamente”, racconta l’ex centrocampista bianconero al Fedelissimo Online.

Cristiano, partiamo dalla fine. Dopo il mini ritiro organizzato dal Siena a fine maggio in molti pensavano ad una tua permanenza.

“Dopo essere stato riconvocato avevo una parola con la vecchia proprietà, nella figura di Trabucchi. L’intenzione era quella di rinnovare, anche se non avevamo parlato di cifre o di durata. Con l’avvento della nuova proprietà sono cambiate le carte in tavola; il mio agente ha parlato con il nuovo direttore, che gli ha manifestato la volontà di non proseguire”.

Quanto è stato il dispiacere per questa decisione? Soprattutto dopo essere stato una delle pochi certezze di questi due anni, nel bene e nel male.

“Sinceramente sono rimasto dispiaciuto, perché personalmente penso di aver fatto un campionato positivo sotto l’aspetto calcistico. Ma è calcio appunto, si sa come funziona e quindi ci si adegua alla scelte”.

Te la senti di fare un bilancio? Probabilmente i rimpianti superano le soddisfazioni.

“Sicuramente sì. Ricordo ancora la chiamata del Siena di due estati fa, le considerazioni fatte erano altre. Speravo di vincere subito il campionato trionfando e vedendo la città in festa. Quella del ripescaggio è stata una magra consolazione, ma sono contento che abbiano creduto in me. Ho ottenuto un riscatto personale affermandomi nella categoria e facendo ricredere persone che, anche giustamente, non erano rimaste soddisfatte di come era andato l’anno precedente”.

Soffermiamoci su quella: pensi che senza tutto quello che è accaduto avreste centrato la vittoria finale?

“Avevamo fatto un grande inizio di campionato, nonostante tutte le difficoltà del caso, compreso l’essere partiti tardi. Il girone di andata era stato ottimo, avevamo chiuso l’anno a pari punti col Gavorrano. Poi la squadra risentì delle decisioni prese dalla società; soprattutto quando hai tanti giovani in rosa, certe scelte possono destabilizzare. Sono sicuro con una gestione più serena avremmo vinto il campionato”.

Hai ricordato quel mese di follia, forse il periodo più grottesco di tutta la storia del Siena.

“Cerco di essere positivo, fa parte di quelle esperienze che aiutano a formarti. All’interno dello spogliatoio si viveva un po’ di caos, sia per motivi nostri che non solo. C’erano evidenti problemi di comunicazione con l’allenatore e il trend che si innescò fu evidentemente negativo”.

Il campionato scorso era invece partito sotto un’altra luce ma ben presto è precipitato. L’errore della società è stato quello di voler bruciare troppo le tappe?

“Da parte nostra, l’errore è stato quello di non dare continuità. Con Gilardino non siamo riusciti a fare due vittorie di seguito, quando poi ci era sembrato di aver ritrovato la quadra con Padalino, siamo ricaduti con Entella e Carrarese. Probabilmente se fosse stato posto come obiettivo il raggiungimento dei playoff senza troppi proclami la squadra ne avrebbe risentito meno, ma da parte nostra a volte è stato sbagliato l’atteggiamento”.

In che occasioni?

“Non esiste perdere sei partite di fila. Se in quel filotto negativo avessimo fatto qualche punto in più ci saremmo potuti anche togliere qualche soddisfazione”.

Alla fine i playoff sono sfumati davvero per poco, un grosso dispiacere per come eravate riusciti a rialzarvi.

“La squadra aveva degli ottimi valori, sia umani che tecnici, ma siamo riusciti ad esprimerli solo a sprazzi. Come gruppo avremmo meritato di chiudere più in alto in classifica, siamo comunque stati bravi a recuperare e a chiudere la stagione in maniera dignitosa. Ma c’è anche un’altra cosa della quale sono rimasto dispiaciuto”.

Ovvero?

“Il trattamento che è stato riservato a mister Gilardino. Una cosa che non si meritava per l’impegno e la persona che è, tantomeno il suo staff”.

Qual è stato il momento più difficile della stagione? Ad un certo punto avete avuto paura di non farcela?

“Nonostante avessi realizzato il mio primo gol, il punto più basso per me è stato Ancona. Stavo facendo bene e vincevamo di due reti. Perdere in quel modo, all’ultimo secondo, uno scontro diretto è stato un brutto colpo. Anche la settimana prima della sfida di Pontedera, che era una nostra diretta concorrente per la salvezza, si sentiva un po’ di pressione. Per fortuna l’esito è stato diverso”.

Guardando il bicchiere mezzo pieno quest’annata ti ha visto fare un bel salto di qualità. Concordi?

“È vero, sono cambiato, mi permetto di dire maturato calcisticamente. Mi è servito molto allenarmi con gente affermata del calibro di Terzi, Paloschi, Lanni, Varela e Bianchi. Mi hanno aiutato a crescere, sono giocatori che inevitabilmente alzano il livello di qualità degli allenamenti. Ascoltando i loro consigli ho imparato moltissimo, mi hanno sempre portato a fare il massimo. Ecco, posso dire che sotto l’aspetto dell’impegno non ho alcun rimpianto, ho sempre messo il massimo dell’impegno”.

Un altro regalo che ti sei fatto è stato indossare la fascia da capitano.

“Quando mister Negro me lo comunicò fu un’emozione incredibile, essere capitano a Siena non è cosa da tutti i giorni. La indossai a Cesena e fui riconfermato anche con la Vis Pesaro. Fu un’enorme soddisfazione e motivo di orgoglio. Porterò quei momenti sempre con me”.

Tre gol con la maglia della Robur in due stagioni, quale il più significativo?

“Quello con il Pontedera. Un gol pesante, che magari ha dato serenità all’interno della partita. Fu una grossa emozione in un momento delicato per la squadra. Non scendevo in campo da titolare da alcune partite e oltretutto giocavo in un ruolo non mio”.

I momenti che ricordi con più piacere della tua avventura in bianconero?

“Quelli vissuti all’interno dello spogliatoio. Abbiamo passato momenti difficili e averli superati tutti insieme ha unito e rinsaldato ancor di più il gruppo, composto da ragazzi davvero bravi. La cosa che mi mancherà più di Siena sarà proprio l’ambiente. Nino, Ezio, Adamo e tutti gli altri hanno contribuito a renderlo fantastico”.

Uno spogliatoio che non vedrà più Stefano Guberti, con cui avevi instaurato un legame molto forte.

“Stefano è stato mio compagno di stanza, per me è come un fratello. Mi sento quotidianamente con lui, continua a darmi consigli e se posso provo anche io ad essergli d’aiuto. Sento molto pure Terigi, recentemente sono stato anche al suo matrimonio, oltre a Bianchi, Lapo ed Enrico (Mangiavacchi e Babucci, ndr) e molti altri. Ho mantenuto un bel rapporto con tutti, questo è l’aspetto che più mi fa piacere”.

Nel futuro di Bani invece cosa c’è? Aspetti una chiamata dalla C?

“Non è una mia prerogativa. Mi interessa un progetto serio e solido, che mi faccia sentire importante. Ho avuto contatti con alcune squadre di D e di C. Spero che arrivi presto la giusta occasione”.

Una porta aperta per il Siena la lasci aperta?

“Per il Siena sarà sempre aperta. Qui sono stato benissimo, apprezzo la città e i tifosi. Ne approfitto per fargli un caro saluto, spero che stiano vicino alla squadra perché i ragazzi se lo meritano”.

(Jacopo Fanetti)

Fonte: Fol