ANTONIO MARINO: MANCA SOLO QUALCHE DETTAGLIO TECNICO, PERO LACCORDO CE
Un ruolo determinante nel passaggio di proprietà da Lombardi Stronati a Mezzaroma, lo ha recitato l’advisor Banca Monte dei Paschi di Siena.
Il Dott. Antonio Marino, Vice Direttore Generale della Banca MPS, è colui che ha gettato le basi della trattativa curandone il cammino fino alla conclusione, ormai prossima.
Al collega Luca Borioni, per il quotidiano sportivo Tuttosport, Antonio Marino ha concesso una lunga intervista in cui ha affrontato molti argomenti legati al calcio italiano. Non poteva mancare un riferimento all’operazione che lo ha visto protagonista nel passaggio delle quote azionarie della Robur a Massimo Mezzaroma.
Mistero irrisolto, quello del calcio italiano inteso come attività imprenditoriale. E’ un settore che tira? E’ in controtendenza rispetto alla crisi? Produce utili? I dubbi si ripropongono ogni volta che un club passa la mano, ogni volta che nuovi imprenditori si affacciano alla ribalta. Anche perché il quadro è generalmente stabile, anzi cristallizzato: i grandi club non cambiano mai proprietà, i piccoli passano da una gestione all’altra, non sempre con trasparenza. Tutto questo mentre in Inghilterra sbarcano sceicchi, nuovi magnati, mettono sul piatto somme astronomiche e si prendono le squadre più prestigiose. Mondi distanti: meglio chiedere lumi.
Antonio Marino è vice direttore generale di Banca Monte Paschi e sta svolgendo l’attività di advisor per il passaggio di consegne del Siena dalle mani del presidente dimissionario Giovanni Lombardi Stronati a quelle dell’imprenditore romano Massimo Mezzaroma. Prima di tutto: l’affare è concluso?
«Manca solo qualche dettaglio tecnico, però l’accordo c’è. Ora siamo nella fase, sempre delicata, della stesura dei contratti».
Si tratta sempre, in questi casi, di trattative molto complesse. Per quale motivo, nel calcio italiano, è così difficile assistere ai cambi di proprietà?
«In generale non è così facile effettuare una due diligence scrupolosa. E si incontrano difformità di valutazione su voci riguardanti, ad esempio, il valore dei giocatori tesserati. Si possono seguire criteri soggettivi che non aiutano. Un altro problema è rappresentato dagli ingaggi pluriennali in uscita, dalla rigidità di certe situazioni, dagli impegni assunti – magari con i procuratori – che ostacolano il compito dell’eventuale compratore. Quest’anno poi, incide anche il nuovo quadro dei diritti televisivi, la gestione collettiva che partirà dalla prossima stagione: una situazione nuova, da analizzare».
All’estero, in Inghilterra soprattutto, arrivano compratori arabi o americani ai vertici dei club più importanti. Qui da noi non accade, perché?
«All’estero le fonti di guadagno per i club sono diverse. Non solo diritti televisivi, ma anche merchandising, sfruttamento del marchio, naming rights. Tutte attività che in Italia faticano ad affermarsi. E ne risentono anche i grandi club, legati ai grandi gruppi imprenditoriali. Certe cifre restano troppo ingenti anche per chi arriva da altre realtà. E poi c’è la questione degli stadi di proprietà, un valore decisamente importante da mettere a bilancio. Qualcosa che permetterebbe ai club di programmare progetti sostenibili e quindi di avere una maggiore serenità. Ma in questo caso, al momento solo la Juventus può vantare una prospettiva reale».
Quando si ha notizia di trattative in corso per l’acquisizione di una qualche società, spesso emergono indiscrezioni su bilanci in netto passivo, conti in rosso che pregiudicano gli accordi. E’ un fenomeno diffuso? E all’estero non è così?
«Non ci sono differenze sostanziali in questo senso. Il problema è mantenere il controllo della gestione. In alcuni casi, ci si lascia prendere dall’irrazionalità, senza seguire un percorso che invece deve essere codificato.
Spesso ci si consente spese supplettive per giocatori da prendere sul mercato, in base a considerazioni del momento. Insomma, ci vorrebbe più attenzione».
E a Siena nell’ultimo periodo è accaduto questo? Ci sono state forse troppe disattenzioni?
«Non si è trattato di un problema in particolare. Diciamo che è stata seguita una certa politica che ha prodotto in molti casi ottimi risultati, in altri invece ha portato meno frutti».
Si sente spesso parlare di una diversa tassazione che in certi campionati, come ad esempio quello spagnolo, favorisce le società di calcio e aiuta sensibilmente tutto il movimento. Crede che una riorganizzazione del sistema fiscale sarebbe utile anche per il rilancio del calcio italiano?
«Ma questo è un aspetto che riguarda solo i grandi club, perché quelle agevolazioni vigenti all’estero favoriscono principalmente il flusso di grandi campioni. Quindi è un discorso che non interesserebbe tutti i club, in particolare i più piccoli, ma solo quattro o cinque squadre ».
In definitiva, che cosa auspica per la crescita del calcio italiano e per una buona gestione del movimento?
«Auspicherei una più attenta gestione dei costi di base. L’importante è rimanere entro i limiti previsti dal budget. Non è un’impresa impossibile, in Italia ci sono diversi esempi di gestioni corrette… Ecco, sono esempi da seguire». (Luca Borioni)
Fonte: Fedelissimo Online